Nell’epoca in cui ci s’è infilato in un occhio un iperoggetto di Timothy Morton che ci ha evidentemente causato una grande cecità, al punto che Amitav Gosh se la ride sotto i baffi nel dirci che, per l’appunto, ce l’aveva detto, se aprire la pagina web non dico di un giornale, che lì oramai se non altro te la ridi perché buona parte di chi ci scrive ha appoggiato con gioia la consapevolezza del lato circense della propria professione, ma anche solo di un’agenzia stampa rischia di causare gastriti fulminanti, l’aspetto più difficile dell’orientarsi nel reale è trovare il bandolo della matassa e capire chi sia il responsabile. Di cosa? Ah, beh, abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. Dell’emergenza climatica? Della baracca senza capo né coda in Medioriente? Degli stipendi che con tre caffè e un pacchetto di sigarette, ma da dieci mi raccomando, sei già arrivato in fondo alle tasche? Boh, fate voi. Sta di fatto che il mondo è complesso, le dinamiche sono complesse ed è tutto un gran casino. MA. In tutto questo qualcuno di inequivocabilmente stronzo, e responsabile di una fetta consistente del rebelot di cui sopra e di tanto altro, c’è. Non uno. Non una cabala. Una categoria, diciamo. Numericamente esigua, ma non di meno una categoria. Ammontante a circa l’1%. Quell’1%. L’1% dei ricchi ricconi tanto ricchi che il loro volere è determinante. Avete presente il libro Loro, di Jon Ronson? Quello dell’uomo che fissava le capre, sì. Loro. Ora, non voglio passare per complottista, nessun piano segreto. Diciamo un branco di stronzi con più strumenti e meno scrupoli per fare i loro interessi.
Ecco, costoro sono i protagonisti di Mountainhead, un film satirico, forse non comico tout court ma sicuramente divertente e ricco di ironia, che racconta di un gruppo di miliardari che si ritira in una casa rifugio con tutti i comfort in mezzo alle montagne mentre il mondo è devastato dai disordini causati per lo più dalle fake news create con l’AI e diffuse via social. Superfluo dire che i proprietari dei social sono loro, che vorrebbero impiegare il tempo per ritrovare la loro connessione come gruppo di amici. E finiscono per cercare di farsi fuori. Sì, perché questi, come accennato sopra, i loro interessi li sanno fare specie se sulla pelle degli altri. E da loro rifugio passano il tempo così, tra un tentato colpo di Stato e un tentato omicidio. Poi frega cazzi di quelli che per strada muoiono a bracche, l’importante è fare fusioni, fatturare, accrescere patrimoni, piazzarsi sul mercato, fare il primo miliardo per non sentirti inferiore ai tuoi amichetti. Bruci, il mondo.

Ora, il titolo del film non è casuale, ma parodizza Fountainhead, un romanzo di una che se non è al livello della Thatcher poco ci manca, una che, proprio come The Witch, ci insegna che in fondo qualcosa di buono nella vita c’è: che tutti moriamo, anche le streghe. E sto parlando di Ayn Rand, che qui da noi la leggono in pochi ma la cui influenza sulla cultura Americana e sul turbo liberismo che sparge come letame nemmeno di buona qualità perché puzza di maledetto ma non fertilizza (perché capitalismo vuol dire fiducia) è tutt’altro che trascurabile. Bene, di nuovo, io non vorrei passare per complottaro ma il fatto che chi i soldi li ha un piano B, e forse anche C e qualche altra lettera dell’alfabeto se l’è pensato significa due o tre cosine che è bene ribadire. Punto primo, quella roba del trickle down. Ecco, non so come dirtelo. Ti hanno inculato. Con la sabbia. Non è che se i ricchi sono più ricchi un po’ di ricchezza in più ti pioverà addosso. Diventeranno più potenti e continueranno a non avere idea di chi tu sia, meno che mai a curarsi di te. Punto secondo: il sistema capitalista è la legge del più forte, in salsa individuale. Mountainhead lo spiega bene: questi si ritirano in montagna, fanno i loro comodi mentre nelle strade i cadaveri si ammassano, e per i loro interessi individuali cercano di dar fuoco agli stessi membri del loro gruppo. Terzo: se stai leggendo queste righe il più forte non sei tu. E non c’è un mondo là fuori ad aspettare i cosiddetti migliori. C’è un mondo in cui la spuntano i più adatti a spuntarla. Che in determinate condizioni possono essere, che so, gli scarafaggi. Non i migliori, i più adatti, occhio che non è la stessa cosa. Quindi, chi sono i responsabili di questo sistema? Chi sono? I ricchi protagonisti di Mountainhead? Anche. Ma un po’ anche tu. Che pensi che tanto la politica è una cosa sporca e te ne tieni alla larga. Bravo. Puro e duro. Bella la tua rivoluzione da divano. Puoi sempre vedere Mountainhead. Finché non ti staccano la luce.

Stefano Tevini e l’Onorevole Beniamino Malacarne sono un reboot del classico Dottor Jekyll e Mister Hyde ma, invece di seguire il trend contemporaneo dell’inclusività, deviano dal canone nel fatto di essere ambedue dei fetenti. Nati entrambi nel 1981, uno è una specie di scrittore (romanzi, fumetti, articoli, quella roba lì), l’altro è un lottatore di wrestling. Tevini ti parlerà di fumetti, fantastico e simili, Malacarne di Wrestling (oltre a occuparsi della gestione operativa dei reclami e soprattutto di chi li esprime).