Procrastinare, vietato.
Se hai un cantiere, una partita iva, vivi in una regione operosa e frenetica, la tua città è talmente industriosa da possedere un PIL pro capite tra i più alti e sei una donna, va da sé che tu, la tua saccoccia di responsabilità da sommare alla casa e al figlio, te la sei presa, a qualunque ora, di qualunque giorno.
Il tubo dell’acqua, per rompersi, non attende il lunedì; il sabato è diventato l’estensione di un venerdì lavorativo troppo breve; il cliente, i suoi problemi, te li snocciola la sera, quando lui è libero, non attende i tuoi orari di lavoro. Caro cliente, io ti ho fatto domande private solo per organizzare meglio i tuoi spazi e materializzare i tuoi desideri, non per diventare la tua analista a tempo pieno, ma non so come dirtelo.
Solo gli artigiani, ora, procrastinano. E tanto. È sempre una lotta tra me e la pazienza; mi pare di passare la vita a rincorrerli.
Procrastinare nella vita?
Non mi pare neppure comodo, una cosa rimandata è lì, sta sul gozzo, fastidiosa più di una mosca.
Qui e ora è il risultato di un carattere che mi ritrovo, forgiato da un padre che aveva fatto l’accademia militare e che tutte le mattine, comprese quelle delle vacanze, mi obbligava ad alzarmi presto perché il giorno doveva trovarmi pronta.
Di conseguenza l’attesa mi rode, mi consuma, fino a spegnermi; i programmi a lungo termine, i vedremo, ci penseremo, ne riparleremo, mi snervano.
No, non procrastino. Scelgo di non fare, piuttosto. È diverso.
Quando rileggo i fumetti di Claire Bretécher, rileggo di un’altra epoca; I Frustrati, Le madri sono stati un baluardo femminista. Lei una voce femminile ai tempi unica, potente. Ma le sue protagoniste, rilette, hanno troppe aspettative, poca autonomia, poca autostima, vivono i sentimenti come bisogni e, nell’attesa, o si consumano bruciando il loro tempo sul divano, molli fino all’abbandono, sigaretta a ciondoloni, rassegnate, illuse, distrutte, infelici o si trascinano, una vignetta dopo l’altra, scapigliate, arruffate, schiena curva, spalle basse, abbacchiate, a dar voce a grattacapi irrisolti, immutati e procrastinati, come fosse un modus vivendi, il ritratto di un mondo fatto di scervellamenti ingarbugliati, annegati nell’appiattimento dell’ ineluttabile ordinarietà quotidiana.
Le vignette si susseguono ripetitive: stesso taglio, stessa ampiezza, stessi grigi, ordinate, mai una nota più alta, un nero più intenso, non suggeriscono una fine, una soluzione, un punto d’arrivo.
Disegni di domande senza risposte .
Un procrastinare perenne che Bretécher evidenzia: non rende neppure felici.
Vuoi mettere Hugo Pratt e il suo Corto Maltese?
Corto ti si presenta impettito, stringe determinato la sigaretta tra due dita, aspira con piacere, assapora sapiente con lentezza, possiede l’attimo, gusta e consuma con pienezza in continua ricerca.
Guarda anche il tratto: la dice lunga su queste icone.
Disegnato con segno deciso, pulito, perfetto, la sua immagine spadroneggia nella vignetta, si muove prendendo la vita di petto, l’addenta, la morde e l’azione non lascia spazio a dubbi e incertezze.
È istinto.
Corto ha l’occhio attento e vigile, il suo sguardo scruta lontano. Pare non procrastinare e, quando è l’uomo del fare, si conosce.
«Nosce te ipsum»
inciso sul frontone del tempio di Apollo di Delfi è nel suo Dna e si esplica nell’avventura.
Hugo Pratt spiega:
«La parola evasione che dà tanto fastidio ai materialisti storici, significa scappare da qualche cosa; l’avventura è cercare qualche cosa, che può essere bella o pericolosa, ma che vale la pena di vivere…»
E l’avventura non può che essere acchiappata e cavalcata.
Per Corto l’avventura è vita e la vita è un’avventura, pare un motivo più che valido per non procrastinare.
Ora pare che tutti leggano Zerocalcare. Apro e sfoglio Nulla di nuovo sul fronte di Rebibbia. Lui ha un milione di follower su Instagram e la sua serie Netflix, Strappare lungo i bordi, apparsa nel 2021, è ancora tra le più viste; parlo di Michele Rech, uno dei fumettisti di maggior successo in Italia e grande comunicatore.
Le sue vignette sono diffuse attraverso tutti i mezzi disponibili: giornali, libri, audiolibri, cinema, serie TV, corti, murales.
Autobiografia, cultura popolare, mondi fantastici, profonde denunce, crisi esistenziali e ansia sociale sono mixate a creare un prodotto in cui il lettore riesce a immedesimarsi.
Attivo da sempre nel mondo dei centri sociali, approfondisce tematiche inusuali prima di lui nel fumetto. Denuncia luoghi sofferti, i più complessi della nostra società, le carceri, e apre a un mondo guardato spesso con indifferenza o, peggio, con diffidenza e pregiudizio.
Luoghi lasciati all’abbandono, dove è facilmente intuibile il grado di civiltà della società che li ingloba, dove non è civile procrastinare e invece oggi più che mai, è lo Stato che procrastina, su tutto, a cascata.
Eh no, staterello mio!
Solo io posso darmi delle regole per il piacere di eluderle.
Non sa cosa ci fa qua. Dei fumetti era appassionata in passato. Curiosa e iperattiva vorrebbe vedere e vivere tutto: è una perenne dilettante di nuove passioni. Da sempre respira il mondo dell’interior design che è diventato parte della sua vita e del suo lavoro: ristruttura spazi collettivi e privati, progetta interni, disegna mobili e complementi d’arredo unici, ogni tanto anche in giro per il mondo. Vive di quello che le piace fare. Progetti futuri? Non fare progetti.
Una risposta su “Faccio dopo”
Marco Bertoli
Bel pezzo, grazie!