Le domande giuste

Quasi | Visiting Professor |

di Paolo Castaldi

Ogni volta mi maledico.
Ogni volta che mi salta in testa questa idea di mettere per iscritto un’urgenza, mi maledico.
Perché scrivere mi mette a disagio, non è cosa mia.
Mi porta via un sacco di tempo che rubo inevitabilmente a mansioni meglio remunerate e più felici, come il disegno.
È che avevo bisogno di scrivere una lettera a Pinotto, studente della scuola internazionale dei Comics partorito poco fa dalla mia fantasia. Un ragazzo promettente davvero. Tante idee in testa e una mano dotata.

Caro Pinotto,
chi ti scrive è Paolo, un fumettista come te, uno che ha fatto la Scuola come te e che ora ci insegna, di tanto in tanto.
Parto da lontano ma ti chiedo di avere la pazienza e la voglia di seguirmi in questo discorso, con la speranza che possa tornarti utile un giorno.
Quando mi capita di parlare di musica con qualche vecchio nostalgico amante della scuola cantautorale italiana tocca sorbirmi spesso la solita tiritera sul come «una volta avevamo i De André, i Dalla e i De Gregori in cima alla classifiche dei singoli più venduti, non i trapper». E a me tocca sempre il ruolo del professorino che fa notare che no, che nei primi posti delle classifiche avevamo Rita Pavone, Iva Zanicchi, i Camaleonti, Nicola di Bari e i Pooh. Mina e Lucio Battisti incalzavano. Poi tutto il resto. Ma si sa, il passato sembra sempre meglio agli occhi dei nostalgici.

Salto temporale. 2020.

La signora palermitana del «non c’è ne coviddi» diventa in poche ore una star di Instagram arrivando a racimolare oltre 150.000 seguaci.
Su Facebook, tra i commenti alla notizia, mi colpisce particolarmente quello di un tizio con un curriculum davvero da campione. Giornalista e fotoreporter professionista da molti anni, vari documentari all’attivo, premi e riconoscimenti. Insomma, uno che il suo lavoro lo sa fare, uno che è riuscito, probabilmente lottando e sgomitando, a trasformare il suo sogno di ragazzino in una professione, il tipico «uno su mille ce la fa».
Uno da invidiare.
Ecco, lui si rammaricava di come fosse possibile che, nonostante i suoi numerosi traguardi, il suo profilo Instagram fosse fermo a 1000 follower, mentre quello della signora-zimbello fosse esploso in così poco tempo. Leggevo il suo commento e mi pareva proprio cogliere il rammarico, quasi di sentire le lacrime rabbiose scendere sul suo viso.
Lì ho avuto un sussulto e mi sono detto: «cosa cazzo ci hanno fatto?»

Quando è iniziato a succedere tutto questo? Quand’è che un reporter che gira il mondo facendo il lavoro dei suoi sogni ha iniziato a rosicare per i like senza valore di una tizia che viene presa per il culo da milioni di persone?

La risposta è che forse è sempre stato così.
E tocca a noi artisti, a voi emergenti, a te, caro Pinotto, di capire come affrontare nel modo giusto il mondo là fuori, senza snobismi né pregiudizi ma con curiosità, facendosi le domande giuste.
Non comprendere la realtà che stai vivendo ti getterà nello sconforto, non saper leggere il presente ti farà arretrare sulla difensiva, diventerai l’ennesimo fumettista dal commento passivo-aggressivo facile che troverà ingiustificati i successi altrui e ingiustificabili i suoi insuccessi.
Le domande giuste, dicevo.
Partiamo dalla prima.

«Perché lui/lei ha così tanto successo/seguito?»

Una domanda lecita, che deve essere posta però con un reale intento di apertura verso la risposta che ti attende dietro l’angolo.
Con voglia di scoprire, di capire gli universi immaginari diversi e lontani dal tuo.
Smontare e rimontare il lavoro dei tuoi colleghi, assorbire ciò che ti interessa e gettare via il resto.
Anche se apparentemente sembra non esserci affinità, ti assicuro che in ogni autore potrai trovare qualcosa di interessante per la tua crescita artistica.
La domanda sbagliata, che ti farebbe chiudere a riccio, sarebbe invece “Perché lui/lei ha così tanto successo e io no?”.
Ecco, questo dualismo non serve a nulla.
Questa mentalità capitalista del risultato a tutti i costi, dei numeri, della competizione, dei like, non ti aiuterà ad essere un autore migliore, ma solo un autore più frustrato, deconcentrato e fuori fuoco.
Le risposte ci sono, bisogna solo avere il coraggio di sentirsele dare.
Facciamo un esempio concreto: le malelingue che si sprecano sui successi (in termini di numeri e di pubblico quantomeno) della nuova leva di autori nati su Instagram e Facebook mi fanno sempre sorridere. Colleghi che non comprendono come un Labadessa, una Fumettibrutti, un Wallie possano generare così tanto seguito in giovani lettori mi ricordano quei rocker attempati che si chiedono come possa un Frah Quintale qualsiasi riempire i palazzetti mentre gente «che sa suonare per davvero» fatica a campare.
Colleghi che fanno finta di non vedere (o forse non la vedono per davvero) la perfetta connessione che c’è tra questi autori, i loro giovani lettori e il tempo che stanno vivendo. Le istanze, le urgenze e il linguaggio che utilizzano così perfettamente sincronizzato con l’oggi.
Basterebbe questo a spiegare i loro numeri ma un così semplice ragionamento presuppone una forte consapevolezza. E la consapevolezza si trascina dietro altre domande.

Quale parte del mondo occupo?

Qual è il mio posticino?

Chi sono?

Forse all’inizio farai fatica a trovare le risposte e probabilmente è giusto così. Vuoi essere tutto, piacere a tutti, persino a quelli che non sopporti. Ti metterai a confronto con le star di Instagram il lunedì e con De Crecy, Larcenet e Fior il martedì. Girerai a vuoto, sudando e incazzandoti.
Ma arriverà il giorno, se sarai stato abbastanza curioso di conoscere le risposte giuste, in cui ti fermerai, ti guarderai attorno e penserai «ecco, questo è il mio posto, la mia casa». Dove ti sentirai davvero te stesso, a tuo agio.
E allora tutto risulterà chiaro.
Capirai quanto sia normale che su un social come Instagram, progettato in quel modo, per avere quel tipo di interazioni, con quel tipo di pubblico, Larcenet abbia 15mila follower, Fior solamente 7500 e LaBadessa oltre 500mila.
Capirai che non è una questione di ignoranza, di ingiustizia artistica, ma solamente di diverse categorie, diverse nicchie, di diversi canali comunicativi.
Che è tutto giusto così.
Qualche tempo fa ascoltavo un’intervista di Niccolò Fabi, cantautore che personalmente apprezzo molto, sia per la musica, sia per il modo di approcciare il ruolo di artista.
Era una chiacchierata registrata all’interno di una Feltrinelli durante il lancio del disco che ha dato il via alla sua “seconda vita” dopo anni di silenzio, Una somma di piccole cose. Un disco meraviglioso.

«A un certo punto», racconta, «mi è stato utile capire chi non potevo essere prima ancora di chi potevo essere» (e torniamo al discorso della consapevolezza).
«Sicuramente sapevo di non avere una timbrica potente e dotata. Non potevo essere uno di quei cantanti che fanno successo grazie a melodie catchy accompagnate da una voce perfetta, da hit. Non potevo nemmeno puntare sulla tecnica pura. Non sono un musicista dotato. Suono chitarra e piano quanto basta per comporre la mia musica. Non posso essere un sacco di cose ma so anche cosa posso essere. So che quando mi siedo al piano e inizio a scrivere, con quel trasporto lì, quell’atmosfera lì, quella canzone lì, scritta con la delicatezza che è mia, mia solamente, di cui non ho più timore, di cui non mi vergogno più, quando scrivo in quel modo, succede una magia.» (virgolettato a memoria, perdonatemi).

Cerca la tua voce, Pinotto.

Come ha fatto Niccolò.

Scoprirai che è unica per davvero.

Coltivala, cerca di farla crescere e inizierà ad andare con le sue gambe, troverà la sua nicchia. Potrà essere piccolina, grandicella, grandissima, non ti deve interessare. Anche perché non dipenderà da te.
Ma ti sosterrà sempre, di questo puoi starne certo.
E perdona la mia lungaggine ma ci tenevo molto a questa lezione aggiunta. Che poi una lezione non è, ma solamente il punto di vista di un altro fumettista che ha trovato il suo angolino e che cerca, giorno dopo giorno, di coltivarlo al meglio, provando ad essere il più coerente e onesto possibile.
Ti assicuro che se riuscirai a concentrarti sul tuo percorso smetterai automaticamente di soppesare ogni mossa del tuo vicino. Non saprai nemmeno se la sua erba è più verde o meno perché non avrai il tempo di chiedertelo.

Lascia la critica ai critici, caro Pinotto. Lasciala a questi ragazzacci di Quasi.
La critica è roba loro, son brutta gente.

Lascia stare le polemiche e le invidie, sono il terreno fangoso di chi non ha più nulla da raccontare.
Noi dobbiamo fare i fumetti.
Ognuno i suoi, al meglio delle proprie possibilità.
Non sempre potremo essere gli artefici del nostro destino. Dietro a un successo editoriale ci sono spesso fattori che trascendono l’opera stessa. Promozione, uffici stampa, fortuna, investimenti editoriali, scelte di altre persone su cui non hai alcun controllo.
Interessatene, come è giusto, ma senza perderci il sonno.
E ora torna sui fogli, o sul tuo iPad, che ho voglia di leggerti presto.

P.

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(Quasi)