Le jour viendra

Alberto Choukhadarian | Chouk Amuck |

Tina, Vale e Gio sono tre perfette esempie di protagoniste del Mabel Universe: alla mia veneranda un mondo colorato di ben maggiore spessore e rilevanza rispetto quello popolato da calzamaglie e sensi di ragni di grande responsabilità (che restano immagini e storie di grande potere, in cui magari rituffarsi ogni tanto per riassaporarne il gusto cinnico. Però vuoi mettere la Realtà?! Però vuoi mettere le Ragazze?!)

Vale è sognatrice e casinista, seppur s’incastri a dovere in qualsiasi pertugio odori vagamente di parcheggio, rintuzzando scomodi paragoni con i pur pregevoli alla guida (sebbene mai alla mirabolante altezza di Gloria) Lauda & Alboreto, e maltratta la mai doma Eva (che sa cosa sia il perdono, silenziandola senza chiedere spiegazioni, almeno quanto una memorabile Billie Holiday, e alterna l’istinto di legarla a sé vita natural durante a quello di sbatterla fuori di casa per sempre), incurante dei limpidi sentimenti della sua ragazza o quel che è, insomma.

Gio si dibatte di-mena(n)te tra un marpionico Luca collega qualsiasi e il caro Fabio, degno nipote dell’altrettanto cara nonnina ruzzolona sfornatorte, indecisa su quale sia, se esiste, l’altra parte con cui combaciare e convolare, convogliando finalmente definitiva verso il fatale desiderio di stabilità che alla sua, di età, dovrebbe cominciare a balenare, tra una spiaggiata e l’altra.

Tina irraggia felicità, specie nei momenti intimi con il futuro sposo, che si stiri o si divaneggi, dinamica capofila del terzetto e sua esponente più matura, verrebbe (quasi) da concludere anche grazie ad una relazione compiuta e completa, naturalmente votata alla sua emblematica realizzazione nel matrimonio, per l’esuberante gioia dell’intera famiglia salenta.

Nel secondo capitolo della “Trilogia dell’estate” di Mabel Morri, successivo al passato Cinquecento milioni di stelle e antecedente il futuro Volevamo essere le Spice Girls, spiccano copiosi spunti da pregiata storyteller: su tutti lo scorrere di un’intera stagione nel breve incalzare di una manciata di strisce e vignette a centro libro, prima del puntuale viaggio pugliese; il lungo confronto dialettico tra le opposte personalità di Vale e Gio, brillante sintesi di un’impietosa conversazione delineante le diversità caratteriali delle due contendenti ma altresì il forte legame affettivo che le unisce; la triplice esplosioncina finale di colori caldi, uno per ogni coppia, quella appena sancito dal rito e le due in fieri, scatenatasi subito in seguito alla congiunta abilità nell’acchiappare il bouqet (emuli di Brad Majors, vagheggiando Janet Weiss, difficile non prorompere nel parafrasato: «We really loved…skillful way…you beat the other girls…to the bride’s bouquet!»).

Complicato anche trattenere qualche immancabile lacrimone, specie se quello è il liberatorio effetto che vi provocano le cerimonie nuziali, stemperato in compenso dall’esultante prodezza della Vale, vera intenditrice e true believer calciofila, cui forse non sarebbe dispiaciuto cimentarsi nel proverbiale giro di campo defatigante orchestrato da Nevio Scala, sulle orme cadenzate dal metronomo Zoratto o da capitan Minotti, lesta a guizzare, a guisa dell’irrefrenabile Sindaco Marco Osio, all’ombra delle torreggianti pale eoliche: in ginocchio, sfarfallata di Harald Schumacher o meno, à la “El Tata” Brown la lunga notte dell’Azteca, per essere riuscita ad alzarsi in tempo mattutina, finalmente imbattuta prima classificata a fare incetta di pasticciotti!

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(Quasi)