Ciao

Arabella Strange | Rorschach |

Ho visto l’Ombra in faccia. Stanotte, dopo che il telefono ha suonato tardissimo e io mi sono svegliata, e il panico mi ha fatto stoppare la suoneria e poi mi ha tenuta sveglia.
Per addormentarmi mi sono messa a pensare ho pensato a tutte le mie barbie, quelle con cui gioco dentro la mia testa.
C’era anche la barbie Ombra Spaventosa.

Da qualche tempo ho imparato questo gioco, che mi fa sentire le cose che non voglio sentire, tutte quelle cose brutte, fastidiose o anche solo incoerenti diventano i discorsi di queste ragazze tutte carine, tutte uscite da un libro di fiabe, da un telefilm, dal poster del mio quadro preferito.
Il mio quadro preferito è Ofelia che affonda nel fiume, è di Millais, nel quadro lei sta ancora galleggiando sostenuta, dice Shakespeare, dall’aria intrappolata dalle sue vesti.
Le sue vesti sono molto belle nel quadro, sembrano trapuntate d’oro e di perle, e i fiori che galleggiano su di lei intorno a lei sembrano decorazioni del suo vestito, che diventa il vestito più prezioso del mondo.
Lei affoga appena fuori dalla cornice del quadro, che nel mio caso è un poster, non ha cornice ma io lo so che il fiume che la trasporta la inghiottirà fra pochi metri alla mia destra.
Quel vestito lì, più o meno, è anche il vestito di Numero 4, che si chiama Virginia ma io chiamo anche la Vittima o la Depressa Maggiore, perché è una creatura terrorizzata e feroce non importa con chi, anche con me, anche con le altre, diciamo con la vita in generale.

Virginia è arrivata dopo Lux Numero 3, Emily Numero 2 e Pauline Numero 1.
Pau Numero 1 – lo dice sempre il mio amico S. perché è la sua preferita – è una creatura tutta poetica e impegnata e sensibile e piena di immaginazione, è una bibliotecaria e si inventa di tutto, è come un enorme laboratorio che ha al suo centro la biblioteca ma è il cuore di un mondo meraviglioso, orribile, in cui però in ogni istante c’è qualcosa da sentire o da progettare o da raccontare. Lei non ha abiti specifici ma di sicuro di abiti ne ha tanti e le piace comprarne mille, lo so perché è quasi sempre Pauline quella che incontrate e come si veste Pauline be’, lo sapete.
Però quando Pauline è vestita proprio da zoccola non è Pauline ma Lux, che è il nome che ho dato a quella che fa troppe cose senza pensarci solo perché le piacciono e non prende precauzioni e si diverte, e se potesse sbranare la vita lo farebbe. C’è un tipo di uomo che fiuta Lux a chilometri ma adesso, per fortuna, con Lux c’è Emily.

Lux come tutte ha scelto il suo nome da sola, ma io ho capito subito che lo ha rubato alla mia Vergine Suicida preferita, forse più quella del libro che quella del film – anche se Kirsten Dunst è straordinaria, niente da dire, solo la mia Lux ha i capelli scuri ed è molto più strafottente.
E si suiciderebbe solo per sbaglio.

Emily, invece, non è affatto una Emily tipo Emily Dickinson: eccola lì vestita con una mimetica, a volte con dei calzoncini verde militare e una maglietta del cazzo ed è armata.
Credo.
Di sicuro si comporta come se lo fosse perché è molto semplice la sua visione del mondo. La sua visione del mondo è che dobbiamo proteggere la Bambina.
Emily dice cose da telefilm tipo «Cut The Crap» o «You’re So Full of Shit».
Emily si arrabbia ma è fredda e razionale e ci ama.
Quindi Emily si ama. Credo sia l’unica.

No, ce n’è un’altra che si ama ed è la Strega.

La Strega la chiamo Wikkakika per fare la figa e dimostrarle che non ho paura di lei ma in realtà lei non ha più un nome, non le interessa, lei è emersa dalle tenebre una sera: era proprio la notte di halloween e non c’era molta allegria fra le mie truppe perché tutti erano in giro a divertirsi e noi assolutamente no, e lei ne ha approfittato.
Ha concentrato tutta la nostra rabbia in un vortice nero.
Poi ha cominciato a fare le sue cose strane.
Cioè strane per me, ma non certo per una strega.
L’ho amata subito ma mi fa cagare sotto dalla paura a volte.
Lei inventa incantesimi, non è cattiva, ma se è furibonda non c’è modo di fermarla.
La cosa inquietante è che quando paciuga con le cose, le foglie, l’inchiostro, il miele, il sale, io penso va be’ giochiamo coi simboli occhei, ma poi quando brucia i suoi minuscoli pacchettini la notte sotto il cielo stellato o nuvoloso – non importa ma dev’essere cielo – e sputa tre volte e dice quello che vuole tre volte non è mica tanto divertente, e poi non so e non voglio sapere, ma due volte mi ha fatto spaventare perché ai suoi incantesimi sono seguite delle coincidenze.
Se sono coincidenze.

Dallo psicoterapeuta dico: lo so cos’è il pensiero magico non mi faccio fregare dal pensiero magico.
Poi penso al libro di Joan Didion, L’anno del pensiero magico, e penso che se si è fatta fregare dal pensiero magico una persona intelligente come Joan Didion allora io non ho scampo.
Mi illudo se penso che lasciare che la strega faccia i suoi pasticci sia meglio di quando mi ero convinta che non ci fosse nemmeno una briciola di me furiosa e superba e che vuole piegare il mondo ai propri voleri?
Certo la Strega è fantastica. La vedo sempre vestita con abiti rossi o azzurri o viola. Ha i capelli color papavero intrecciati con ossicini, denti, fiori, rametti.
È lei che crea il mondo dentro di me dove abitano tutte le mie bambole.

Per lo più crea dei rifugi.
Case tende grotte baracche.
Dove la sera ci addormentiamo.
E io posso chiudere gli occhi.

La Squilibrista l’ha identificata sempre S. la prima volta. Io ci convivo da sempre ed è talmente fulminea nell’apparire e sparire che non avevo capito che fosse Una di loro.
Era più un secondo in cui faccio cadere tutto, rompo bicchieri, mi saltano via di mano forbici affilate, premo il tasto sbagliato, mi impiglio inciampo cado, colpisco per errore, mi taglio mi scotto perdo la borsa perdo il telefono faccio cadere il piatto pieno.
Quando S. le ha dato un nome l’ho vista benissimo.
Non parla. È l’Harpo delle mie me.
Ho scoperto che quando sta nel mondo dentro è una creatura aggraziata e che quell’istante rovinoso in cui si manifesta nel mondo esterno è il suo modo di avvisarmi.
È una specie di sistema di allarme.
Suona spesso.

La bambina.
La bambina è lo zero.
Ha le orecchie e la coda di volpe e un granello di uranio nel cuore.
Loro hanno giurato di proteggerla.
La bambina è impotente, perché è una bambina e si spaventa facilmente, ma è lei il libro di fiabe in cui si muovono le mie figurine colorate.
La bambina può esplodere e annientare l’universo.
Questo qui, il mio.
Forse anche il tuo.
Non è probabile, dice il mio psicoterapeuta.

Il mio psicoterapeuta dice che almeno si parlano, le ragazze.
Io sono il Narratore, l’unica che non ha nome un po’ come l’Arcano XIII.
Le ascolto e scopro un sacco di cose.
A volte si mettono a parlare tra loro mentre sto scivolando nel sonno, e le vedo abbracciarsi, coccolarsi, darsi spintoni, o creare temporanee alleanze improbabili, come Emily e la Squilibrista, o Pauline e la Strega.
Hanno fatto tutte voto di proteggere la Bambina.
Sono un team.
Il mio.

Ieri sera la figura che qualche giorno fa è comparsa ed è sempre stata buia, nascosta, coperta da tessuti ha finalmente fatto vedere la sua faccia.
È un demone.
È bianca come il latte.
È caos puro e odio e paura.
Però, finalmente, mi ha detto il suo nome.
Ciao.

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