Cerebus vol. 14: “Form and void” (febbraio 2000 – aprile 2001)

Omar Martini | La corsa dell’oritteropo |

Come anticipato nel precedente articolo, Form and Void rappresenta la seconda parte del dittico Going Home: porta a conclusione il viaggio verso casa dell’oritteropo ma ha al suo centro l’incontro di Cerebus e Jaka con Ernest Hemingway (cioè Ham Ernestway) e l’ultima moglie Mary. Quello che viene rappresentato, come era avvenuto con Fitzgerald nel precedente volume, è uno scrittore al tramonto: in una lunga sezione, la donna racconta le disavventure (reali) del loro ultimo viaggio in Africa (la coerenza con quella che era l’iniziale ambientazione fantasy è piuttosto tenue), compresi i loro incidenti aerei. Uno degli elementi che sembra interessare Sim è la “disintegrazione” dell’immagine da macho dello scrittore statunitense, che all’epoca era ancora molto presente, rispetto a quello che sembra fosse la sua reale propensione, la sua gestione dei generi (maschile e femminile) piuttosto fluida, come testimoniato anche negli ultimi scritti, e il suo interesse, nel privato, a indossare abiti femminili. Questo sembra in qualche modo collegarlo a Cerebus, di cui viene ricordata, in un dialogo vagamente disturbante, la natura ermafrodita: Jaka afferma che in una taverna, sotto il regime cirinista, avrebbero avuto problemi a dormire assieme come maschio e femmina non sposati, mentre invece era indifferente se si dichiaravano due lesbiche. Il ritratto che viene dato del romanziere è ridicolo e impietoso: un uomo pieno di sé, distaccato da ciò che lo circonda, disinteressato degli altri, sempre immerso nei propri pensieri e che parla per monosillabi che riecheggiano gli scarni dialoghi dei suoi libri e racconti, effetto ulteriormente sottolineato dai balloon che presentano un lettering dattiloscritto per risaltare l’aspetto “letterario” di quello che Ham afferma. A Dave Sim, Hemingway non piace e non si fa scappare nessuna occasione per farlo capire al lettore.

In ogni caso, sembra che l’interesse di Dave Sim risieda nel mettere in contrapposizione le due coppie e, indirettamente, l’apporto che ha la donna nelle relazioni (nel fumetto, l’Hemingway di Sim si suicida, come è avvenuto nella realtà, ma qui viene aggiunta la possibilità che possa essere stato ucciso dalla moglie, mentre la separazione finale tra Cerebus e Jaka è, in un certo senso, provocata dalla ragazza). Non sembra esserci una motivazione narrativa nel prendersi tutto questo spazio per riprodurre e raccontare gli ultimi mesi di vita di un autore. Il volume Melmoth aveva un approccio apparentemente simile (viene descritta l’ultima parte della vita di Oscar Wilde), ma quella rielaborazione era inserita all’interno della narrazione ed era funzionale alla storia principale. Invece in Form and Void sembra quasi una intrusione, sebbene questa considerazione sottintenda che esista ancora qualcosa di strutturato nella serie. C’è un certo equilibrio e struttura (dopo 250 albi, Sim ha ovviamente una profonda esperienza e abilità), ma sono i suoi interessi a essere distanti da quello che si può considerare un “approccio convenzionale” alla narrazione e agli interessi dell’autore e del “consumatore”. C’è sicuramente qualcosa di estremamente personale nel gestire il racconto e gli eventi che lo compongono, ma il lettore può essere messo in crisi da quello che è lecito aspettarsi dall’evoluzione di una storia. Le mie considerazioni potrebbero anche essere sbagliate: forse quello che io vedo come “fallimento” o “mancanza”, quelle materie e quegli argomenti che io considero incongruenti lo “sono” perché mi hanno spiazzato e mi hanno preso alla sprovvista; può essere invece che ci sia una libertà totale che non sono riuscito a comprendere e che, di conseguenza, non ho accettato. Quello che è certo è che leggere Cerebus è sempre un’impresa che non lascia indifferenti e che rivela delle sorprese.

Graficamente, infine, ci troviamo davanti a due elementi importanti. Innanzitutto, sebbene sempre curato, c’è una leggera involuzione nel tratto, composto da due cambiamenti nel disegno:

  • La presenza di profonde campiture nere rende il disegno quasi “impastato” e a volte confuso. Non si tratta delle masse di nero utilizzate in molte altre occasioni (per esempio, in High Society), ma di parti del disegno che, normalmente, l’autore avrebbe realizzato con dei fitti tratteggi, ma che adesso invece, con questi neri, risultano essere spazi “confusi” e non completamente riusciti.
  • Diventa evidente il graduale interesse per il foto-realismo (che sarebbe stato espresso ai massimi livelli nel successivo Judenhass e culminato, come studio, nel fumetto sulla morte di Alex Raymond), usato soprattutto per gli animali del viaggio in Africa e per i ritratti di alcune persone: l’uso della fotografia attribuisce una certa innaturalità, se non rigidità, a queste parti che vengono riprodotte sulla pagina, e che saltano immediatamente agli occhi. C’è sempre la medesima attenzione, ma la differenza è evidente e, a mio giudizio, indebolisce l’eccellenza qualitativa che aveva raggiunto.

L’altro aspetto importante è la costante varietà della gestione della tavola e della narrazione grafica. In questo caso, tra “spazi bianchi” che spezzano grandi immagini, scenari che si aprono e chiudono a seconda delle diverse dimensioni delle vignette e del respiro che Sim vuole dare a quelle situazioni, quello che colpisce è il lungo racconto africano di Ham e Mary, che viene dilatato e costretto all’interno di micro-riquadri che sembrano autogenerarsi sul foglio: vignette nere, vignette con testo, vignette con disegno e/o dettagli. Tutto contribuisce a sottolineare il racconto e a variarne il ritmo, rendendo questo libro, almeno formalmente, interessante e, per l’ennesima volta, degno (quantomeno) di essere guardato.

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