«Nostalgia sotto acido»: Settimo passo

Francesco Pelosi | Mappaterra del Mago |

È quasi un anno che siamo in cammino su questa Mappaterra. Partiti dall’oscura città di From Hell, nella quale abbiamo sostato a lungo e la cui ombra continua ad accompagnarci, abbiamo attraversato la campagna e alcuni piccoli paesi indipendenti, per giungere finalmente alla cittadella dorata di Supreme, sospesa nel cielo sopra la Mappaterra. Come siamo arrivati fin qui è un mistero che riguarda leggi di dimensioni superiori alle nostre, ma comunque ci siamo. Per accedere a questa città d’oro, speculare e contraria a quella di From Hell, dobbiamo prima attraversare un piccolo avamposto spaziotemporale che ha il nome di un anno, ma le caratteristiche di un luogo.
Avanti, passiamo.

La prima storia di Alan Moore pubblicata sotto il marchio Image appare nel febbraio del 1993 in “Spawn” numero 8, dove lo scrittore si prodiga per dare un’origine e un retroterra al personaggio di Violator (con una manciata di idee che permettono a Todd McFarlane di prosperare per molti numeri successivi). Ma in realtà, anche se esce qualche mese dopo, il suo primo progetto per la casa editrice di Rob Liefield e soci è il piccolo gioiello intitolato 1963.
Rientrare nel mondo dei supereroi non è facile per Moore, né immediato. Il mercato è molto cambiato e così anche il pubblico e la sensazione è quella che i lettori desiderino solo spettacolari splash pages e poca storia. Il suo intento è sì quello di scrivere nuovamente supereroi, in un ambiente che gli sembra più sano di quello con cui aveva avuto a che fare in passato, ma anche quello di metter a posto le cose, provando a riportare nei comics ciò che Watchmen aveva “rubato”.
Dice a Rick Veitch e Steve Bissette, suoi amici e collaboratori dai tempi di Swamp Thing, con i quali stava iniziando l’avventura in Image: «Sentite, ho capito come far funzionare la faccenda. Se realizziamo sei numeri di un pastiche degli albi Marvel com’erano all’inizio degli anni Sessanta, forse possiamo far vedere quanto siano cambiati da allora i valori dei fumetti».
E così nasce 1963, miniserie che in sei albi crea altrettanti ritratti allo specchio di eroi Marvel scaraventando il lettore in quella che Moore stesso definisce una «nostalgia sotto acido».

Ancora completamente inedita da noi, la miniserie si presenta come una finta copia anastatica dei fumetti di Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko prodotti trent’anni prima. Identica in ogni particolare, dai redazionali, scritti da Moore che per l’occasione si ribattezza “Affabile Al”, facendo il verso al “Sorridente Stan” e al suo Marvel Bullpen (famoso all’epoca per il rapporto diretto che instaurò coi lettori), fino all’estetica retrò, resa perfettamente dal tipo di carta, dalla colorazione in stile puntini di Ben Day e dal segno di Veitch e Bissette, coadiuvati da Dave Gibbons, Don Simpson, Chester Brown e John Totleben alle chine (e da Jim Valentino che presta le sue matite per un episodio). Ognuno dei sei albi viene presentato come un numero a caso all’interno della serie di questi “nuovi” supereroi, già immersi pienamente nella loro continuity.
La Mistery Inc., protagonista del primo numero, è chiaramente un clone dei Fantastici Quattro fusi con i loro antesignani DC, Challengers of the Unknown, entrambi segnati indelebilmente dal passaggio sulle loro pagine di Kirby. Si continua poi con The Fury, un mash-up fra Spider Man e Daredevil e Tales of the Uncanny, che raccoglie due storie, rispettivamente dedicate a Ultimate Special Agent, il Capitan America di 1963, e Hypernaut, la creazione forse più strana di tutte, che richiama Iron Man ma anche Visione, Silver Surfer e persino Lanterna Verde.
Il quarto numero, anch’esso diviso a metà, vede una versione rossa di Hulk e una beatnik di Doctor Strange, con The Unbelivable N-Man e Johnny Beyond, mentre il quinto è interamente dedicato a Horus, Lord of Light, la versione egizia di Thor. Il sesto e ultimo numero infine raccoglie tutti i personaggi nel gruppo Tomorrow Syndicate, ispirato agli Avengers, per far fronte a una minaccia misteriosa che ha attraversato sottotraccia tutti gli albi sin lì: gli Youngblood di Liefield (!).
Moore ha dichiarato di voler creare un pastiche di albi Marvel, ma in tutta la serie, a parte gli evidenti cloni dei personaggi della Casa delle Idee, le situazioni messe in scena sembrano richiamare invece la Silver Age DC, come ad esempio quando, durante un viaggio attraverso gli universi paralleli, il Tomorrow Syndicate incontra una serie di versioni di sé stesso: un’idea che omaggia direttamente Crisis on Earth-One, storia della Justice League of America uscita proprio nel 1963 dove la squadra incontra la sua versione Golden Age.
In effetti, l’elemento Marvel davvero preponderante di queste pagine sembra essere solo lo stile alla Kirby: l’imprinting del Re si sente potentissimo ovunque, a cominciare dall’utilizzo dei collage fotografici che il disegnatore utilizzava per rappresentare la Zona Negativa in Fantastic Four o le visioni quadridimensionali nella saga del Quarto Mondo, fino alle trovate «infantili ma divine» che ne caratterizzavano l’opera. Per il resto, il cuore delle vicende viene direttamente da quel ventennio folle e colorato che attraversarono Superman e compagni fra i Cinquanta e i Settanta del Novecento.

Intitolato From here to Alternity (dove l’Alternity del titolo è traducibile come “Alternanza” ma anche, seguendo il gioco di parole di Moore che fa il verso al From her to Eternity di Nick Cave, l’”Alternità”), l’ultimo episodio di 1963 racconta di una zona al di là delle dimensioni dove i supereroi di tutte le epoche e di tutti gli universi si ritrovano dopo i team up per ritornare alle rispettive realtà. Questo sorta di metamondo che aggiunge profondità alla realtà della pagina, ironizzando sulle nevrosi dell’industria e allo stesso tempo ampliando le possibilità delle storie sarà, come vedremo, fondamentale per il successivo ciclo che Moore dedicherà a Supreme, il Superman della Image.
Partito da Alternity, seguendo l’indicazione di un gruppo di spazzini giganti che ricordano la razza degli Osservatori della Marvel, il Syndicate visita numerosi mondi, terminando il viaggio in una meravigliosa doppia splash page di Veitch e Gibbons dove incontriamo molti protagonisti del fumetto indipendente di quegli anni, da Deadface del Bacchus di Eddie Campbell, al Cerebus di Dave Sim, al Maximortal dello stesso Veitch (e la scena verrà ripresa dal disegnatore anni dopo proprio nello speciale Brat Pack/Maximortal 1). Attraversato l’ultimo portale, gli eroi si ritrovano in un mondo «triste» dove la luce è forte e tutto è «vivido». La colorazione cambia, adottando quella digitale degli anni Novanta e l’ultima pagina promette per il futuro un annual di ottanta pagine in cui la vicenda si concluderà con un scontro fra i personaggi di 1963 e i supereroi “contemporanei” della Image.
L’episodio sarebbe dovuto essere realizzato da Jim Lee, ma il disegnatore si allontanò per un lungo periodo dalla professione e poco dopo Liefield fu buttato fuori dalla Image, per cui il progetto rimase nel limbo senza più la possibilità di una conclusione. Moore ne fu ovviamente dispiaciuto ma, a suo parere, già il fatto che 1963 apparve nelle edicole e sugli scaffali delle fumetterie in concomitanza con i supereroi del 1993, creò implicitamente il contrasto a cui aspirava.

Se l’intento di Moore con 1963 e l’immediatamente successivo Supreme (di cui parleremo nel prossimo capitolo) era quello di scrivere supereroi per le nuove generazioni, mostrando contemporaneamente quanto erano cambiati «i valori dei fumetti» (valori che suo malgrado aveva contribuito a trasformare radicalmente), la sensazione è però che il progetto sia stato un netto fallimento. A metà degli anni Novanta l’ascendente di Moore sull’industria dei comics sta già sbiadendo e la sua scrittura non è più in sintonia con lo spirito del tempo.
Quando subito dopo l’esperienza Image/Awesome, Moore fonda la sua linea di fumetti, America’s Best Comics, per migliorare e promulgare la stessa idea alla base di 1963, il fallimento è, in certo modo, ancora più evidente: scriverà, come vedremo, molte serie di successo e qualità ma il pubblico dei più giovani, al quale aspirava, ne sarà quasi impermeabile. Sarà invece Invincible di Robert Kirkman, Cory Walker e Ryan Ottley, pubblicato negli stessi anni dei fumetti ABC, a riportare i supereroi alle nuove generazioni, fondendo lo spirito della Silver Age con il cinismo e l’ironia del nuovo secolo.
Pochi anni prima di Invincible, Warren Ellis, coadiuvato ai disegni rispettivamente da Bryan Hitch e John Cassady, crea The Authiority e Planetary, due serie supereroistiche che partendo da presupposti e stilemi alla Moore, imprimono la contemporaneità nella narrazione, dilatando all’estremo il tempo di lettura e mutuando dialoghi e messa in scena dal cinema d’azione. E anche se Moore ha detto più volte in quegli anni che Ellis poteva essere considerato un suo erede spirituale, la strada che le sue opere stavano prendendo è quanto di più lontano potesse esserci dai gusti e dalle necessità del mercato. Gusti e necessità che invece Ellis e Kirkman intercettavano perfettamente.

Pochi anni dopo, una volta cessato il loro rapporto con Image, Moore, Veitch e Bissette si divisero equamente i diritti sui personaggi co-creati per 1963, ponendo le basi per un’eventuale risoluzione futura delle loro avventure. Purtroppo fin’ora così non è stato, e visti i dissapori che nel frattempo sono intercorsi fra Moore e Bissette, la cosa è probabilmente impossibile ormai, come anche la speranza di vedere prima o poi un’edizione italiana dell’opera. 
Fra le varie interviste rilasciate sull’argomento, la dichiarazione seguente é forse quella che meglio contestualizza l’esperienza di Moore su 1963:

«Se devo indicare il fattore più significativo che ha contribuito a forgiare il mio codice morale da bambino, devo dire che non è stata la scuola, non è stata la chiesa. E’ stato Superman. Superman aveva un etica… Non era molto sofisticata, si può più o meno riassumere con: “Non mentire. Non uccidere nessuno. Cerca di aiutare il prossimo se è nei guai”. È un po’ ingenuo e semplificato, ma come codice base di moralità funzionerà fino a che si è cresciuti e si può entrare in distinzioni più sottili… Ora mi chiedo, in un mondo di Punitori e Wolverines, che cosa imparano i ragazzi? Questo mi preoccupa! C’è del nichilismo nel fumetto attuale… Ecco perché ho deciso che poteva essere divertente cercare di ricreare una età del fumetto più innocente, tornando indietro al 1963, che mi sembrava una buon anno, realizzando una linea di fumetti immaginari, come sarebbe stata in quegli anni, con  tutta quell’innocenza e quell’ingenuità intatta!»

[Continua]

Arnesi del cartografo

1963 va reperito per forza in rete, dove si trovano alcune immagini delle tavole e dove è ancora possibile acquistare gli albi americani.

smokyman, qualche anno fa, ha proposto sul suo sito la traduzione di It came from… Higher Space!, l’avventura di Hypernaut contenuta nel terzo numero della serie (la si trova qui). Oltre a essere molto bello e divertente, il fumetto di Moore e Bissette prende spunto direttamente dalle teorie sulla quarta dimensione di cui abbiamo parlato nel quarto passo della Mappaterra.

The King Hell Heroica Super Special 1 (Brat Pack/Maximortal) di Rick Veitch, in cui viene ripresa la scena dall’ultimo numero di 1963, è stato ristampato da Cosmo a fine 2021 nel volume The King Hell Heroica vol.2 – Brat Pack.

Un ringraziamento particolare a smokyman che mi ha fatto da guida nella scoperta di questa gemma perduta.

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