Come diceva Barney Stinson, uno dei personaggi più divertenti di How I met your mother: «Sfida accettata!». Mabel Morri è stata davvero gentile a coinvolgermi nel suo Play du Jour del 29 maggio e così, come ho fatto in settembre completando la sua guida al campionato con le mie brevi analisi di Parma, Venezia, Cagliari e Lecce, provo a vedere cos’hanno combinato queste quattro squadre per chiudere il suo bilancio.
Prima di cominciare, una premessa. Ho guardato cinque partite intere del Parma, sei del Venezia, quattro del Cagliari e due del Lecce. A questi 1530 minuti più recupero si sommano spezzoni di gare e ovviamente le sintesi con i gol e le azioni salienti. Lo preciso perché mi piace essere «oftalmico», come dice Totò in Letto a tre piazze, quando parlo di calcio, basandomi sui dati solo per completezza.
Parma
Nell’articolo settembrino mi sono concentrato soprattutto su Zion Suzuki, portiere giapponese nato negli Stati Uniti. Dopo l’avvio sciagurato che ti ho raccontato, l’estremo difensore ha inanellato una serie di buone prestazioni culminate in una sorta di chiusura del cerchio alla penultima giornata, quando è stato eletto Uomo Partita. Suzuki si è ritrovato davanti il Napoli e ha riscattato la brutta gara di andata. Una prima stagione in Italia positiva, certificata dalla salvezza dei Ducali. Sono stato un buon profeta, quando ho scritto «Obiettivo? Salvezza, temo non agevole», perché l’obiettivo è stato centrato nel finale di campionato, passando per l’esonero di mister Fabio Pecchia, sostituito in corsa da Cristian Chivu. L’ex calciatore di Roma e Inter, che seguivo con particolare attenzione e stima quando giocava, è stato bravo a compattare la rosa e ha capito che la regola di Trapattoni «Primo: non prenderle» può essere d’oro anche nel 2025. Così il Parma ha messo insieme una striscia di pareggi, raggranellati anche contro squadre blasonate, che gli ha permesso di tirarsi piano piano fuori dai guai. I capolavori? Il pari contro l’Inter e la vittoria contro la Juventus.
Venezia
Eccomi alla squadra “piccola” che ho osservato con più interesse. Ovviamente per questioni di affetto nei confronti del mio amico Federico che, come scrivevo l’anno scorso, ho messo in guardia fin dall’inizio: «Per il Venezia la stagione sarà durissima e temo che si concluderà amaramente». Sono davvero dispiaciuto per averci azzeccato. Però, se ho indovinato l’epilogo, non ho previsto in pieno le modalità con cui i lagunari sono sprofondati in Serie B. Sì, sicuramente l’”allegria” difensiva ha penalizzato la prima parte della stagione, però successivamente Eusebio Di Francesco ha fatto alcuni aggiustamenti tattici che hanno permesso alla squadra di subire meno gol e di rosicchiare quei punticini indispensabili per giocarsela fino alla fine, tanto che la retrocessione è arrivata nel secondo tempo dell’ultima giornata di Serie A, con una buona prestazione. E di buone prestazioni, a dire il vero, durante la stagione il Venezia ne ha fatte almeno cinque, perché delle sei partite che ho visto integralmente ne ricordo solo una brutta. Ma allora che cosa non ha funzionato? Strano a dirsi per una squadra del Di Fra, però è stata la sterilità offensiva a impedire a Hans Nicolussi Caviglia e compagni di restare nella massima serie. Purtroppo nel mercato di gennaio il miglior giocatore, l’attaccante Joel Pohjanpalo, è stato inspiegabilmente (almeno dal punto di vista tecnico-tattico) ceduto al Palermo e non sono stati acquistati rinforzi all’altezza. Non sono bastate le corse di Oristanio e Yeboah né i centimetri di Fila, ragazzi che non segnano neanche a porta vuota.
Personalmente mi dispiace molto per il mio amico e per il mister, che si è ritrovato ad allenare una rosa assemblata a caso, adatta forse a centrare un piazzamento in zona playoff della serie cadetta, ma non certo a giocarsi la salvezza nel massimo campionato.

Cagliari
Da un allenatore per cui mi dispiace a uno per cui sono felice: bravo Davide Nicola! Ha guidato il Cagliari a centrare l’obiettivo costruendo una squadra tignosa, che ha in Yerri Mina il suo leader e la perfetta rappresentazione di quella stessa tigna. Il quindicesimo posto a pari punti con il Parma e con cinque lunghezze sull’Empoli retrocesso è un buon risultato, soprattutto contando che sono mancati i gol di Zito Luvumbo e di Leonardo Pavoletti (quattro marcature in due). Fortunatamente Roberto Piccoli, mia piccola scommessa direi vinta, ha raggiunto la doppia cifra e si è caricato la squadra sulle spalle nella seconda metà del campo. Devo ammettere che mi aspettavo qualcosa di più dai sardi, ma credo che ci siano le basi per migliorare il piazzamento nella prossima stagione.
Lecce
Da un lato l’esonero dello stilosissimo Luca Gotti, dall’altro la salvezza centrata con mister Giampaolo. Da una parte il dispiacere, dall’altra il piacere per un lieto fine. Addosso all’ex allenatore, tra le altre, di Milan e Sampdoria anni fa venne cucita la terribile etichetta di «Maestro di calcio», una disgrazia, una pietra tombale calcistica. Così, quando ha accettato di sedersi sulla panchina di un Lecce in difficoltà, pochi tifosi erano felici, ancora meno nutrivano speranze in un epilogo gioioso. Invece, all’ultimo respiro i salentini sono rimasti aggrappati alla Serie A, principalmente per merito di Nikola Krstović, che a settembre avevo provocatoriamente segnalato come un centravanti poco prolifico. Sono contento di essere stato smentito. Attaccante forte fisicamente, deciso e astuto, non ha paura di randellare e di calciare: lo ha fatto spesso e ha depositato il pallone alle spalle del portiere avversario ben undici volte. L’ho visto all’opera per 180 minuti più recupero contro la Juve e mi è piaciuto molto, poi gli highlight delle altre sfide hanno confermato la buona impressione.
A margine, va sottolineato che il Lecce a gennaio ha ceduto Patrick Dorgu al Manchester United, intascando circa 38 milioni di euro. Mica male per una società poco abituata a vedere quelle cifre!
Reset Plus – Plus

Concedimi qualche riga in più per parlare di una festa bellissima che ho vissuto in prima persona. Dopo sei anni nell’inferno della Serie C il Calcio Padova, la squadra della mia città, è tornato in Serie B. Rispetto alle due scorse stagioni, all’inizio di quella appena conclusa le aspettative erano più basse: sì, bisognava chiaramente lottare aspirando al meglio possibile, ma l’impressione era che non fosse un vero e proprio obbligo come in passato. Invece, i ragazzi di mister Andreoletti, tecnico giovane e determinato, sono stati bravi a centrare la promozione grazie a un girone d’andata da record e alla forza con cui, nel ritorno, si sono attaccati con le unghie e con i denti a un primato a un certo punto perso ma poi riagguantato e mantenuto.
Per me è stato bellissimo uscire di casa, appena finita l’ultima partita, con addosso la maglia del club e il viso deformato da un sorriso infinito e rigato dalle lacrime di gioia. La corsa claudicante verso il Prato della Valle, il pugno alzato e agitato a ogni strombazzamento sentito lungo la strada, i cori e i salti in piazza, gli abbracci e i “cinque” scambiati con gli sconosciuti… quando? Il 25 aprile. Ancora più bello!
Sognava di diventare un calciatore professionista, ma a sedici anni si è svegliato e l’incubo è cominciato. Continua ad amare il calcio tanto quanto ama leggere fumetti di tutti i tipi. Cerca di sbarcare il lunario, scrive per QUASI e Lo Spazio Bianco, parla per il podcast hipsterisminerd e per LSB Live.