La figura di Moira Banshee O’Danann, rivoluzionaria irlandese protagonista di Concerto in O’ minore per arpa e nitroglicerina, mi trasmette un senso di tragica rassegnazione.
Incatenata al ruolo di strega del malaugurio, è cieca davanti l’inganno dei suoi compagni. Piange il marito Patrick Finnucan, traditore della sua stessa causa, maledice O’Sullivann, unico vero eroe della vicenda, uccide a sangue freddo un soldato inglese, sorprendendo persino Corto Maltese per l’avventatezza del gesto. Dal ruolo cupo e deprimente, Banshee è incapace di leggere nell’animo degli uomini che la circondano ed è destinata a rimanere sola. La cosa peggiore è che non se ne rende conto e rifiuta persino la mano amica di Corto Maltese che, pur conoscendo la verità, le offre una via di fuga.
Banshee appare un monito alle nostre convinzioni, che possono diventare una gabbia più forte di qualsiasi prigione, soprattutto se sono fallaci. Più che una figura epica, ricorda il demone di Laplace: l’intelligenza che tutto conosce e tutto prevede, destinata alla solitudine. Icona del determinismo e della negazione della possibilità.

Il contrario di Bocca Dorata, che accoglie quella stessa visione di destino scritto nelle stelle, ma la elabora con sapienza e intuizione, offrendoci l’illusione di poter scegliere pronunciando le sillabe magiche: «Ah si, si…»
Guardandola, mentre legge l’oroscopo, mi perdo nel fumo della pipa e immagino che anche Banshee avrebbe potuto farsi una bella fumatina, schiodandosi da quelle vignette che la obbligano al suo destino. E allora, libera dal vincolo del tempo assoluto, potrebbe accogliere l’evanescenza e la fluidità di una visione relativistica dell’universo, dove tutto è pur soggetto al principio di causa-effetto, ma il temposi incurva e accompagna il viaggiatore curioso. Ma Banshee è un demone e avrebbe rifiutato: la sua ragione d’essere è il dolore, la perdita, la tristezza e non può esistere altrimenti. Ancora una volta, icona del determinismo più disperato.

Eppure, una via di uscita ci sarebbe, liberarla dal nefasto soprannome e chiamarla Moira, come lei stessa si presenta, prima di diventare un’assassina.
E dài, coglila questa possibilità, conosci te stessa! Chi sei?
«Io mi chiamo Moira. Banshee è il soprannome che uso per farmi accettare da un gruppo di uomini bugiardi, che si fanno gioco della mia onestà. Non sono una strega portatrice di cattivi presagi, come gli altri mi vogliono far credere. Sono un’irlandese che crede nella lotta per la libertà!»
NOTA: Wikipedia francese, riporta che Moira Banshee O’Danann rimarrà a lungo segnata dal tradimento di Pat Finnucan, poi un giorno decise di riscoprire l’antico mondo celtico e viaggiò nella Piccola Bretagna. Sbarcò al porto di Aleth (Saint-Malo), in compagnia di Ban de Bénoïc e Bohort de Gaunes (personaggi della leggenda di re Artù). Poi viaggiò attraverso la foresta di Brocéliande, osservò i korrigan (piccoli nani verdi) negli allineamenti di Kermaria, udì il cigolio del carro di Ankou nei sentieri infossati della baia di Audierne e si fermò su un’isola dimenticata nel Golfo del Morbihan.
Spero proprio che sia andata cosi!
Panini di patate e latte
La ricetta di questo mese proviene da un libro che ho acquistato in Irlanda quest’inverno, scritto da Valerie O’Connor, food writer e fotografa dai capelli rossi. Mi ricorda tanto Moira.

Prima di preparare la ricetta, Valerieci avverte:
Non lasciatevi ingannare dall’aspetto innocentemente semplice di questi panini: sono deliziosi, morbidi e cedevoli, da far roteare gli occhi. Questi panini erano un piacere da tè nelle grandi case irlandesi, poiché sono preparati con ingredienti costosi come latte, burro e uova, lievito e farina bianca, oltre alle comuni patate.
Sebbene la ricetta possa sembrare complicata, i panini risultanti valgono lo sforzo: la crosta è morbida e l’interno non aspetta altro che essere arricchito con panna fresca e marmellata. Potete preparare questo impasto la sera prima e conservarlo in frigorifero sotto un canovaccio, tirando fuori la ciotola al mattino per stenderla e dare forma ai panini mentre il forno si riscalda.
L’ideale è usare le patate avanzate per preparare l’impasto e, se prendete l’abitudine di conservare e congelare l’acqua di cottura delle patate, avrete sempre un ottimo integratore per i vostri impasti lievitati.
Ingredienti per 12-14 panini
- 15 g di lievito di birra fresco oppure 7 g di lievito di birra secco
- 150 ml di liquido di cottura delle patate, a temperatura ambiente
- 1 cucchiaio di miele
- 600 g di farina bianca per pane, più un po’ per spolverare
- 1 cucchiaino di sale fino
- 50 g di burro, freddo e tagliato a pezzetti
- 150 ml di latte, a temperatura ambiente
- 150 g di polpa di patate (circa due grandi bollite)
- 1 uovo

Preparazione
1. Pelare le patate e bollirle con un cucchiaino di sale grosso. Poi scolarle conservando l’acqua di cottura e schiacciarle su un piatto usando lo schiaccia patate o l’arnese apposito. Lasciare raffreddare l’acqua fino che non raggiunge la temperatura ambiente e nel frattempo pesare gli altri ingredienti.
2. Quando l’acqua di cottura delle patate è fredda, sciogliervi dentro il lievito, farlo schiumare (il che significa che si è attivato metabolizzando gli amidi disciolti nell’acqua e rilasciati dalle patate), quindi aggiungere il miele (che incrementa l’attività dei lieviti e dona ai panini cotti il colore dorato).
3. Mescolare la farina con il sale e incorporare il burro con la punta delle dita fino a ottenere un composto simile a briciole fini. Quindi versare l’acqua di cottura delle patate con il lievito e il miele, aggiungere il latte e infine le patate schiacciate e ormai raffreddate.
4. Amalgamare bene con le mani e trasferire l’impasto su una superficie infarinata, impastando e aggiungendo gradualmente farina fino a renderlo lavorabile (sarà piuttosto appiccicoso). Quindi impastare per altri 10-12 minuti, infarinando all’occorrenza. Potete usare le mani o una impastatrice planetaria.
5. Versare l’impasto in una ciotola leggermente unta d’olio e coprire con la pellicola trasparente. Lasciare lievitare per almeno un’ora in un luogo fresco, poi impastare nuovamente, formare la palla e lasciarla lievitare per tutta la notte in frigorifero, chiusa in una ciotola coperta da pellicola trasparente.

6. Il giorno dopo rovesciare delicatamente l’impasto su una superficie leggermente infarinata e formare due filoni. Dividere ciascun filone in 6 pezzi uguali, poi prendere ogni pezzo e rotolarlo sulla superficie del tavolo di lavoro o sui palmi delle mani per formare una pallina. Mi raccomando, non comprimete troppo l’impasto per non compromettere il risultato finale e non usate più farina del necessario. In altro modo i panini risulteranno duri.
7. Disporre i panini su due teglie coperte di carta forno, lasciando abbastanza spazio perché continueranno a crescere. Copriteli con la pellicola trasparente e lasciateli lievitare per ancora per 30 minuti.
8. Finito questo tempo accendete il forno a 200°C e spennellate i panini con l’uovo sbattuto con un goccio di latte. Poi cuoceteli per circa 20 minuti, fino a doratura, abbassando la temperatura del forno a 180°C.
Gustate i panini ancora caldi e morbidi oppure conservateli in un sacchetto di tessuto dopo averli fatti raffreddare completamente. Si possono anche congelare.


è alla vita numero 4, inclusa l’infanzia, che ricorda a malapena data l’età. La sua psicologa dice che è una studiosa ma lei si ostina a fare cose pratiche come programmare, cucinare e ora anche disegnare.