Pausa caffè

Quasi | Strani anelli |

In quel particolare libro dei sogni che va sotto il nome di Smorfia, il numero 42 è associato al caffè. Non sappiamo se Douglas Adams amasse giocare al lotto britannico. Probabilmente il suo traduttore sì. Il titolo del secondo capitolo delle avventure del detective olistico Dirk Gently, The Long Dark Tea-Time of the Soul è stato reso con La lunga oscura pausa caffè dell’anima. E, bisogna ammetterlo, nella nostra lingua funziona molto meglio. Non fosse che la frase del titolo è presa di peso da La vita, l’Universo e tutto quanto, quando Wowbagger, a causa della sua immortalità, si sta annoiando così tanto da decidere di andare in giro a insultare tutte le forme di vita dell’Universo. Quelle forme di vita alla cui esistenza Pensiero Profondo, “il secondo più grande computer dell’Universo del Tempo e dello Spazio” ha dato come risposta proprio 42. Se Pensiero Profondo era il secondo, quale sarà stato il primo computer più grande? Forse quello del racconto di Fredric Brown, La risposta, che è la fonte di ispirazione principale di Adams? Oppure quello dei 9 miliardi di nomi di Dio di Arthur C. Clarke? O, ancora, il Multivac di Isaac Asimov?

Tutti questi computer che danno risposte precise a domande mai chiarite ci fanno venire in mente il big data. Di quel paradigma si può scrivere a caso per settimane, ma il senso del tutto – ci pare – è che, costruendo macchine che analizzando enormi moli di dati che non vengono messi in relazione nelle forme tradizionali dell’informatica, si ottengono delle costruzioni statistiche paradossali. Le indicazioni comportamentali ottenute da quella roba si traducono nei consigli che ci vengono dati, per esempio, da Amazon. «A quelli come me», mi dice Amazon, «interessano anche queste cose».
Quasi che acquistare compulsivamente i prodotti suggeritimi da quell’algoritmo sia un modo per farmi diventare sempre più «come me».
Però mi è chiaro: «essere come me» non è in alcun modo «io sono». Forse è per questo che Wowbagger era così terrorizzato da «quel momento fatidico che segna l’inizio della lunga, tetra, ora del tè dell’anima»; forse proprio per questo insultava tutti.

È durante il tè dei matti che la domanda di Alice si fa sempre più pressante, tanto da mettere in crisi l’universo e 42 è il numero della regola cui si appella il re di Cuori per espellere Alice dal Paese delle Meraviglie (tra l’altro – e non a caso – 42 sono le illustrazioni realizzate da John Tenniel per la prima edizione di Alice). Quando Alice viene espulsa dal Paese, si risveglia tra le braccia della sorella che la porta a casa proprio per l’ora del tè. A proposito di sonno, quello così simile alla morte di Giulietta, dura esattamente 42 ore. Al suo risveglio resterà, anche lei, con una domanda inevasa: «wherefore art thou Romeo?».

Per la cultura giapponese il 42 è un numero funesto. I due ideogrammi che lo rappresentano se letti separatamente suonano, più o meno, come l’augurio di avvicinarsi alla morte. È una questione temporale: la morte segue alla vita, come le risposte dovrebbero seguire alla domande. Eppure capita alle volte, nella vita, di ricevere una risposta prima della domanda e questo ci convince (non è un caso se siamo incalliti lettori di fumetti) che avessero ragione i tralfamadoriani di Kurt Vonnegut, e il tempo non sia un concetto lineare.

In fondo la risposta più bella alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto, ce l’ha data Kilgore Trout (pseudonimo di Philip Jose’ Farmer preso in prestito a Vonnegut) alla fine di Venere sulla Conchiglia: “E perché no?”

Questo strano anello è composto da:

  • Douglas Adams, La lunga oscura pausa caffè dell’anima, Mondadori, 2011
  • Douglas Adams, La vita, l’universo e tutto quanto, Mondadori, 1984
  • Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti, Mondadori, 1980
  • Fredric Brown, La risposta, in Le meraviglie del possibile, Einaudi, 1959
  • Arthur C.Clarke, I nove miliardi di nomi di Dio, in Le meraviglie del possibile, Einaudi, 1959
  • Lewis Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie, qualsiasi edizione
  • William Shakespeare, Romeo e Giulietta, qualsiasi edizione
  • Kurt Vonnegut, Mattatoio N.5, Feltrinelli, 2003
  • Philip Jose’ Farmer,  Venere sulla Conchiglia,Mondadori, 2004

Siccome questo strano anello è principalmente fantascientifico, dovresti leggerlo bevendoti il cocktail con cui inizia La Seezza della Quasità (The Ifth Of Ofth) di Walter Tevis:

«Quella sera Farnsworth aveva inventato un nuovo drink; lo aveva chiamato “ponce aromatizzato al liquore di prugnole”. Ed era veramente all’altezza del nome che gli aveva dato: aveva infilato un ferro bollente del colore di un peperoncino in un boccale di gin rosso, vi aveva aggiunto del cinnamomo, chiodi di garofano e zucchero, e poi aveva bevuto il tutto! Ma come sempre accade con le idee di Farnsworth, dovevo ammettere che non era male. In effetti, dopo il terzo bicchiere, anch’io avevo cominciato a trovar piacevole quel sapore.»

Per scriverlo noi ci siamo ammazzati di caffè.

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