#0

Durante il primo lockdown ho guardato centinaia di ore di serie tv. Quando mi sono imbattuta in The Midgnight Gospel, che mi ha lasciato in trance per giorni, ho scoperto anche Pendleton Ward, che con Duncan Trussell ha creato la serie. E sono arrivata ad Adventure Time, che mi ha fatto scoprire Rebecca Sugar, e Steven Universe. E mi si  è aperto un mondo queer meraviglioso, pieno di sfumature non solo nei colori dell’animazione, ma nelle intenzioni e nelle soluzioni di trama che le svelano. È un mondo complesso in cui sempre c’è spazio per tutte le declinazioni della vita. Animatrice, regista, scrittrice e produttrice, Rebecca è anche musicista, e la storia di Adventure Time, che quando è finito mi ha fatto piangere, termina con una canzone scritta da lei. Alle convention la suona sull’ukulele, ma in Adventure c’è la versione corale. In un momento in cui il mondo di Ooo, già distrutto mille anni prima da una guerra nucleare («The Mushroom War»), è nuovamente sull’orlo dell’annientamento, e la canta il personaggio più bambino della serie, il computer Beemo, al cane mutaforma Jack, che è a terra, rimpicciolito e fragile. «Questa è una canzone che ho scritto per mio figlio Jack», grida Beemo contro la distruzione e la follia che minacciano di disintegrare l’intero pianeta e le vite di chi ama. La canzone, originariamente intitolata Time adventure ma cercata su Youtube come Will Happen, Happening, Happened, potrebbe essere uscita dalla penna di Kurt Vonnegut. È inzuppata di amore, rimpianto, felicità, malinconia e leggerezza. Perfetta per un anno di smarrimento. [AS]

#1

Un piccolo gioiello che ci ha lasciato Gianmaria Testa, pubblicato dopo la sua morte. Si intitola Povero tempo nostro e parla sussurrando di questi giorni, dal punto di vista di una persona che è sempre stata sia fuori tempo che fuori spazio. Sconosciuto ai più in Italia e acclamato in Francia, Testa canta: «fa che non sia per sempre il poco tempo che ci resta» e «lascia che torni il vento e con il vento la tempesta». Un augurio o una maledizione? Probabilmente entrambi. [FP]

#2

«Che schifo avere vent’anni», e forse averli avuti nel 2020 fa ancora più schifo. Ma magari nel 2021 no. I Coma_Cose intanto, concludono il ritornello della loro Mancarsi con il motto emblematico dell’antropocene italiano: «E fammi fare i soldi come i rapper che poi dividiamo». [FP]

#3

E poi Battiato che, pochi anni prima di ritirarsi a vita privata, ci ammonisce: «Viva la gioventù, che fortunatamente passa… Senza troppi problemi». Il pezzo, anche musicalmente, riporta alle atmosfere dei suoi vent’anni, in una Milano di balere e prostituzione, inedita nella sua musica. Da segnalare il basso di Faso che regge magistralmente tutta la struttura e l’assolo finale di Carlo Boccadoro all’Hammond, uno degli strumenti più struggenti di sempre. [FP]

#4

Veinte anos, nella versione del Buena Vista Social Club, cantata da Omara Portuondo e Ibrahim Ferrer, quello che un’amica cubana, anch’essa musicista, dice essere «il più bel bolero mai scritto». [FP]

#5

«Annus horribilis / in decade malefica / decade malefica/ in stolto secolo […]». Come il nero, va su tutto, o meglio, fa da sfondo a tutto. Esce nel ’94 quindi non sai se si sta riferendo, in modo consuntivo e ponderato, agli anni Ottanta o se, invece, lancia un’abbastanza facile profezia sui Novanta. Chissene, possiamo traslarlo comodamente sugli anni Zero, sui Dieci e, cascasse il mondo, anche sui Venti. Si vince facile. Come tutte le cose non troppo programmate ma decisamente magmatiche, il ritiro bretone dei CSI genera risultati notevoli, sempre validi, anche a quasi trent’anni di distanza. [LC]

#6

Il «20» qui non c’entra un bel niente con la conta degli anni, ma è attraverso gli anni che rimbalza un nome, un titolo, a partire dal blues del Delta di Skip James dove 22-20 è un calibro di armi da fuoco che diventa poi 32-20 nel brano di Robert Johnson (morto alla canonica età di ventisette anni, dopo – si racconta – aver venduto l’anima al diavolo all’incrocio di Clarksdale, Mississippi, tra la Highway 61 e la 49. Un patto peggio che faustiano, visto che muore dopo appena un anno dalle prime registrazioni). I 22-20s si collocano nel filone dei britannici appassionati e/o praticanti di blues – in modo molto didascalico ci ricordano la tematica da armeria e intitolano il pezzo Shoot Your Gun. Da allora si sono mollati e ripresi un po’ di volte, con meno casino e successo, che ne so, di band britanniche anni Novanta. Il pezzo comunque suonava benino e non dispiace ricordarlo. [LC]

#7

Sotto il leggero strato glitteroso, un pezzo che racconta in modo anche involontariamente crudele cosa accade nella vita e nel tempo. Deborah ha praticamente la stessa età di Jarvis, vivono vicini e la mamma (di lui) dice che si sposeranno. Va molto diversamente, un po’ perché Jarvis a dieci anni è tremendamente nerd (come anche in seguito, solo che al momento non se lo fila nessuno) e Deborah è carina e piace a tutti. Insomma, non si può essere più che amici, e poi lei, anche se la canzone non lo racconta, si trasferisce con la famiglia. La fantasia è quella di immaginare se i due si fossero incontrati nuovamente nell’anno 2000. Jarvis Cocker, ormai solidamente installato nel gotha musicale inglese, canterà al cinquantesimo compleanno della sua amica Deborah Bone. Lei poi, a cinquantun’anni, muore di mieloma multiplo (ironia della sorte, un cancro del midollo osseo). Il pezzo arriva qui in una versione da karaoke briaco con Nick Cave che imbrocca giusto una nota ogni tanto ma tanto funziona uguale e pure meglio.
La vita è decisamente sardonica, no? [LC]

#8

L’ho già detto. Il Lucio Dalla che vale la pena di ascoltare è quello che dura circa 15 anni, tra gli album Storie di casa mia e Viaggi organizzati. Nel 1981 pubblica un minialbum intitolato Q-disc,. Quattro canzoni, di cui tre dimenticabili, ma quella che apre il disco, con quei versi «Telefona tra vent’anni, io adesso non so cosa dirti, non so risponderti e non ho voglia di capirti», funziona oggi più di allora. [BB]

#9

Non credo di essermi mai veramente ripreso da quando, boh, credo fosse il Sanremo del 1981, Vanda Maria Ribeiro Furtado Tavares de Vasconcelos in arte Lio mi ha sconvolto i sensi con la sua Amoreux solitaires. Sono cose che segnano, le canzonette cantate dalle ragazzette. Per questo, credo, mi piaceva anche Alizée Jacotey, che circa vent’anni dopo Lio (siamo nel 2003), mi raccontava di non avere vent’anni. Infatti ne aveva 19, proprio come Lio quando tolse il sonno al me quattordicenne. [BB]

#10

Gloria Guida, che aveva una voce bellissima, nei film veniva sempre doppiata da Michela Esdra. Cosa inspiegabile, dato che i suoi passi li aveva mossi come cantante. da uno dei miei film feticcio, Avere vent’anni, la lampante dimostrazione di quanto dico. [BB]

#11

Nel 1981 muore Bob Marley. Vent’anni dopo, gli Africa Unite – che sono stati folgorati sulla via dello stadio comunale di Torino il 28 giugno 1980 – dedicano alla prima rockstar globale proveniente dal Terzo Mondo un disco di cover, che si chiama appunto 20. Adesso sono passati vent’anni anche dall’uscita di quel disco. Mi regalo un riascolto e, in particolare, mi fermo su Redemption Song [PI]

#12

Nel 1988 ho vent’anni. Pochi giorni prima che io li compia esce il primo disco dal vivo di Tom Waits, Big time. Non posso purtroppo vantarmi di aver intercettato, mentre uscivano, i tre grandi dischi degli anni Ottanta di questo gigante (Swordfishtrombones, Rain Dogs e Franks Wild Years), ma in questo ci inciampo e quella voce sguaiata, quelle invenzioni continue, quei rumori mi sturano le orecchie. Non ho più smesso di batter le mani. [PI]

#13

Sempre nel 1988, sempre durante i miei vent’anni, Francesco Guccini (del quale – per contratto con la redazione – non posso non inserire almeno un pezzo per ciascuna playlist) gigioneggia con la propria discografia. Per festeggiare il ventennale della sua carriera (ma Folk Beat N.1 è del 1967) pubblica un live dal titolo Quasi come Dumas. Il disco si apre con Due anni dopo che viene ricollocato nel tempo: «E ancora non sai / come potrai / trovare lungo i muri un’esperienza / sapere vorrai / ma ti troverai / vent’anni dopo al punto di partenza». [PI]

#14

…abbè, se andiamo di nostalgia per i nostri vent’anni, allora devo aggiungerci almeno un pezzo dall’album (e dal concerto che portarono, se non ricordo male al Rolling Stone) che in quel 1988 mi ha insegnato a non stupirmi più di nulla. Splendido, il vizio di Jane. Non me ne sono più liberato. [BB]

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