«Ignorando il genere»: Quinto passo

Francesco Pelosi | Mappaterra del Mago |

Siamo in viaggio sulla Mappaterra del Mago, nel buio della notte. Alla nostre spalle, torreggiano le guglie insanguinate della città di From Hell che abbiamo lasciato ormai da un po’ ma dalla quale continuiamo a sentirci osservati. Davanti a noi, in lontananza, come sospesa nel cielo, riluce impalpabile e dorata la cittadella di Supreme, verso cui siamo diretti. Avanziamo in mezzo alla campagna, sentendo l’odore dei campi coltivati e intravedendo nella nebbia qualche casa isolata. In una di queste – piccolissima ma abitata da una folta umanità colorata e festante – passiamo la notte.

Nel 1988, archiviato il tortuoso rapporto con DC, Alan Moore è lo sceneggiatore disoccupato più famoso e celebrato dei comics. I numeri dicono che potrebbe lavorare con chiunque, ma le sue idee dicono l’opposto. Moore ha infatti deciso di tagliare tutti i ponti con le major e con i supereroi (con Marvel aveva già chiuso anni prima, anche in quel caso bruscamente, per questioni legate ai suoi primi lavori su Capitan Bretagna e MarvelMan/MiracleMan), perciò, le cose che gli rimangono da fare sono due: lavorare per editori indipendenti o fondare un’etichetta propria. Le farà entrambe, cominciando a serializzare sulla rivista “Taboo” dell’amico Steve Bissette il lavoro decennale di From Hell insieme a Eddie Campbell e quello quasi ventennale di Lost girls con la futura compagna e poi moglie Melinda Gebbie, mentre la sua etichetta verrà battezzata Mad Love e lì vedranno la luce l’incompiuto Big numbers con Bill Sienkiewicz(che nelle sue intenzioni doveva essere l’opera che avrebbe eclissato Watchmen), e tutta una serie di storie più o meno brevi nate dall’esondante creatività di Moore e dal suo amore per i fumetti underground in stile MAD, la seminale rivista di Harvey Kurtzman.
La prima pubblicazione di Mad Love sarà proprio una rivista one-shot antologica: “AARGH!  (Artists Against Rampant Government Homophobia)”.

In Inghilterra l’omosessualità é stata illegale fino alla fine degli anni Sessanta, ma anche in seguito discriminazioni e violenze non si sono placate. Proprio nel 1988, con la piaga dell’ AIDS che stigmatizzò ancor più duramente la comunità gay, fu votata e approvata la Clause 28, articolo del Local Government Act in England and Wales che obbligava le autorità dei paesi del Regno Unito a «non promuovere intenzionalmente l’omosessualità o pubblicare materiale con l’intenzione di promuovere l’omosessualità». Moore per protestare contro quell’abominio legislativo e umano riunì una serie di grandi nomi del fumetto e dell’illustrazione – gente come Dave McKean, Neil Gaiman, Bryan Talbot, Dave Sim, Dave Gibbons, David Lloyd, Kevin O’Neil, Brian Bolland, Robert Crumb, Frank Miller, Art Spiegelman e molti altri – e pubblicò “AARGH!”, riuscendo anche a raccogliere quasi 17.000 sterline per la Organization of Lesbian and Gay Action.
Il suo contributo alla rivista, disegnato da Bissette e da Rick Veitch, è la storia di otto pagine The Mirror of Love dove, con la sua tipica ossessione filologica, traccia in versi quella che forse é la prima storia umana dell’amore omosessuale. Il titolo proviene da un frontespizio che Aubrey Beardsley disegnò nel 1895 per un libro di poesie del suo amante Marc-André Raffalovich, ma che fu censurato perché raffigurante un angelo ermafrodita – angelo che diventerà poi il protagonista della storia di Moore, Bissette e Veitch.
Le otto pagine del poemetto a fumetti, bellissime e stilisticamente molto vicine al lavoro che i tre svolsero pochi anni prima su Swamp Thing, sono purtroppo inedite in Italia (ma si possono recuperare facilmente in rete) e la versione più conosciuta di Mirror of Love é quella che nacque vent’anni dopo grazie all’illustratore e colorista José Villarubia, che ne volle trarre uno spettacolo teatrale insieme al regista David Drake (mentre nel frattempo la Clause 28, fu finalmente abrogata). Villarubia, per sua stessa ammissione, si innamorò follemente del testo di Moore, tanto da volerne trarre in seguito anche un libro illustrato con le sue “fotografie artistiche”. Pubblicato in origine da Top Shelf, Lo Specchio dell’Amore è così arrivato anche in Italia nel 2008, grazie a Edizioni BD (e nel 2020 Feltrinelli ne ha proposto una ristampa ritradotta).

La storia dell’omosessualità attraverso i secoli proposta da Moore comincia intorno al 2.500 a. C. e balza in avanti di epoca in epoca andando a toccare i protagonisti e i fatti ritenuti salienti dallo scrittore (esattamente come farà pochi anni dopo nel romanzo La voce del fuoco, dove il punto focale sarà però Northampton, sua città natale). Più ci avviciniamo alla modernità, più questa storia restringe la sua indagine al mondo occidentale di stampo anglosassone, soprattutto letterario e artistico perché, come riportato nelle appendici al volume, Moore «non riuscendo a trovare un libro sulla storia dell’omosessualità, decise di mettere insieme i pezzi attraverso le vite sentimentali dei grandi artisti gay», ricostruite grazie al libro di Stephen Croote, The Penguin Book of Homosexuality Verse.
Nonostante questo, la forza del testo è trascinate, e traspare l’emozione e la partecipazione dello scrittore, coinvolto in quel periodo in una relazione sentimentale a tre, con la moglie Phyllis Dixon e la reciproca amante, Debora Delano. Uno dei punti di forza dello stile di Moore infatti è sempre stato quello di riuscire a far coincidere la sua intimità con quella sociale, creando grandi affreschi storiografico-sentimentali dove esporre il suo punto di vista.

Già in Olimpo, ultimo capitolo della sua gestione di Miracleman, immaginandosi come il superuomo assurgendo a ruolo di Dio avrebbe risolto tutti i problemi sociali che affliggono la terra, eliminando armi, eserciti e denaro e annullando finalmente le differenze di classe, Moore aveva fatto capire di avere le idee chiare sulla storia umana e su come secondo lui l’involuzione del progresso capitalista l’avesse scandita e devastata, in contrapposizione con l’evoluzione artistica e scientifica. Da lì in poi, e a partire proprio da Lo Specchio dell’Amore, ogni tanto produrrà questi piccoli atlanti storici dove condensare -con piglio ossessivo e filologico- la parabola di un qualche ambito della storia umana o dell’immaginazione.
Lo farà in Promethea, nell’episodio The Magic Theatre of Mind, raccontando in versi il cammino dell’esistenza, da elemento impalpabile e astratto, fino alla nascita della materia, del mondo e della società umana (la storia, considerata da Moore la sua «singola opera più intelligente» è effettivamente di una complessità e lucidità notevole, anche grazie ai disegni di J. H. Williams III, che rappresentano le ventiquattro pagine come un’unica striscia narrativa, tenuta insieme da una interpretazione dei Tarocchi di Thoth di Aleister Crowley e da ventiquattro anagrammi del nome Promethea che vanno ad agganciarsi significativamente a ogni Tarocco); nell’appendice al secondo volume di La Lega degli Straordinari Gentlemen, dove imbastisce un voluminoso Almanacco del Nuovo Viaggiatore nel quale colloca geograficamente e temporalmente moltissimi dei personaggi e delle località immaginarie apparsi nella narrativa fantastica dal XIX secolo in poi, rendendoli parte di un unico universo coerente; nel primo numero della sua rivista underground “Dodgem Logic”, dove nell’articolo “Going Underground” ripercorre l’intero percorso della stampa alternativa, risalendo fino ad alcuni libelli del 1200; in Cinema Purgatorio, con Kevin O’Neill, raccontando la parabola discendente del cinema americano degli anni del muto e la sua collusione con la malavita; in Providence e Neonomicon dove insieme a Jacen Burrows dà unità e coerenza all’universo di Lovecraft, contestualizzando la sua azione sull’immaginario collettivo e quindi sulla nascita del nostro presente.

A sua volta, Lo Specchio dell’Amore comincia riferendosi al codice mesopotamico di Urukagina, frammento del più antico codice legislativo conosciuto, dove già si ritrovano i primi semi di patriarcato, condanna di adulterio e omosessualità, passando per la Bibbia giudaico-cristiana, fino a Saffo e più avanti a Michelangelo e Shakespeare, arrivando al XVIII secolo e poi al recente passato con personaggi come Emily Dickinson, Gertrude Stein, Oscar Wilde, Allen Ginsberg e Brian Epstein, il manager dei Beatles.
Oggi, fortunatamente, il “grande libro della storia gay” è stato scritto in più occasioni e ci si sta muovendo per dare storia e riconoscimento a tutti i tipi di sessualità che l’umana natura testimonia. Ma il contributo di Moore, Bissette, Veitch e Villarubia, per quanto di nicchia, è stato certamente pioneristico e tratta l’argomento con delicatezza e profondità tali, da poter ancora oggi essere un ottimo approccio alla materia.
Senza dubbio, é un’opera da riscoprire, sia all’interno del mondo del fumetto che fuori.

Recitano i primi versi:

«In principio,
ancor prima di approdare in terra ferma
liberamente si amavano le cose,
ignorando il genere».  

[Continua]

Arnesi del cartografo

Lo Specchio dell’Amore è un libro da avere assolutamente: nell’edizione BD del 2008 (se ancora si trova), o in quella Feltrinelli del 2020. Nel volume BD la prefazione di Robert Rodi e l’introduzione di David Drake descrivono bene le vicende legate alla sua realizzazione. 

A proposito della storicizzazione ossessiva di Moore:

  • Olimpo, in Miracleman Libro Terzo: Olimpo (Panini Comics, 2021);
  • The Magic Theatre of Mind, in Promethea Deluxe 1 (RW Lion, 2016);
  • L’Almanacco del Nuovo Viaggiatore, in La Lega degli Straordinari Gentlemen Vol. 2 (Magic Press, 2004);
  • “Going Underground” in The best of Dodgem Logic (001 Edizioni, 2013);
  • Cinema Purgatorio (Panini Comics, 2017-2019);
  • Neonomicon (Bao Pubblishing, 2013);
  • Providence (Panini Comics, 2015-2017).
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