Cinquantuno

Boris e Paolo | QUASI |

Aspettavamo la primavera. Come e più di Bandini. Adesso è arrivata e non ci sembra neppure lei.
Certo, c’è il sole e diventa più facile trovare l’occasione per scambiare quattro chiacchiere e bere una birra o un caffè. Ma c’è una nota di rammarico in tutto quello che facciamo.
Il mondo ci rattrista. Vorremmo essere allegri, ma la guerra schifosa, la povertà crescente, il prezzo dei carburanti e dell’energia, la situazione dei contagi e l’umana imbecillità ci fanno sentire in colpa. La nostra ricerca di leggerezza confligge con l’indignazione imperante che dovremmo sentire.
Viviamo all’insegna del cazzeggio, e siamo felici quando il bello ci lambisce. Siamo tristi e incazzati come chiunque altro. Sempre. Poi basta un raggio di sole, una pagina di Moebius, la nota agrumata nel fondo del nostro bicchiere, una battuta che ci fa ridere, due accordi di Fantastic Negrito, uno spavento sullo schermo… e ci sentiamo meglio.

Questa tradizione autoimposta dei due editoriali al mese ci ha forse un po’ preso la mano. Ci tocca sederci e raccontare a chi legge la posizione di QUASI nel mondo (e lo facciamo mantenendo la consapevolezza della veridicità del sottotitolo che abbiamo scelto con cura).
Il primo e l’ultimo giorno del mese non sono una casualità. Arrivano puntuali, senza concederci mai una tregua. E, inevitabilmente, ci deve essere l’editoriale di QUASI.
Questa nostra necessità di trovare un’idea, un’arguzia, un punto stabile, per dire “NOI SIAMO QUI”, tutti i mesi, due volte al mese, è diventata un lavoro.
Siamo terrorizzati da uno scenario che ci si para davanti agli occhi. Non staremo trasformandoci in professionisti dell’indignazione? Proprio come i satiri di mestiere , che devono trovare una cosa schifosa con cui prendersela entro l’ora di pranzo, sennò il quadretto destinato alla loro vignetta resterà vuoto.

Certo, il mondo fa schifo. La pandemia ci ha piegati, la guerra in Ucraina è spaventosa, la povertà diffusa e crescente è una realtà concreta con cui convivere, le cose che non capiamo e su cui pare necessario esprimere un’opinione sono tantissime, le cose che non sappiamo e che dovrebbero terrorizzarci sono innumerevoli.
Ma, cazzo!, vogliamo vivere, ridere, godere, ballare, splendere, giocare, fare l’amore.

È il motivo per cui facciamo QUASI.
È il motivo per cui lo abbiamo fatto anche in questo marzo che è giunto alla fine.
E lo abbiamo fatto bene, regalandoti e regalandoci alcuni momenti importanti.

Boris ha pianto la morte di Mark Lanegan. L’onorevole Beniamino Malacarne ha intervistato Roberto Amato e si è fatto raccontare il lavoro di ricostruzione della storia del wrestling italiano. Paolo ha omaggiato i cent’anni dalla nascita di Shigeru Mizuki e Lorenzo i quaranta dalla morte di Philip K. Dick. Titti ha raccontato il Grand Prix d’Angoulême a Julie Doucet e Lella il Pritzker Architecture Prize a Francis Kéré.
E poi Alessandra che scandisce il nostro tempo con il suo sguardo da view-master, Francesco che traccia i confini della mappaterra del mago, Arabella che dice cosa vede nelle macchie, Baro che fa il tradrittore e racconta il west, Tiziana che ha detto la memoria del dentato, Foxe che parla di quasiamore, Mabel che continua a offrirci il play du jour, Monia e i suoi unicorni, Omar e la sua lettura di Cerebus, e un’infilata di recensioni di The Batman.

E domani è già aprile.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)