Arma virumque cano

Boris Battaglia | E l'ultimo chiude la porta |

Lo zar Nicola II non fu, come invece lo dipingeva la propaganda bolscevica, un vile e un sanguinario. Con ogni probabilità (a leggere i suoi diari ne hai quasi la certezza) era un individuo con grossi limiti intellettivi, incapace di lineari applicazioni logiche e facilmente influenzabile. Questo lo portava ad avere comportamenti paradossali e imprevedibili.
Accolte entusiasticamente le teorie di Jean Gotlib Bloch (banchiere polacco convinto, dopo aver attentamente studiato le conseguenze della guerra franco/prussiana del 1870 che per risolvere le diatribe nazionali la guerra fosse uno strumento obsoleto e ormai inutile), Nicola si fece promotore, della prima conferenza internazionale per il “disarmo e la pace mondiale”. Lasciamo perdere quali furono i risultati di questa conferenza, svoltasi all’Aja nel maggio del 1899, e notiamo invece come, paradossalmente, il suo più entusiasta promotore si troverà, di lì a meno di sei anni e dopo una serie di negoziati duratane quasi due, coinvolto nella guerra russo-giapponese.

Non ti tedierò con le complesse cause, le intricate responsabilità e gli errori diplomatici che portarono alla guerra. Quello che è essenziale sapere ai fini di questo saggio sull’opera di Bonvi, è che la guerra fu la conseguenza dello scontro di due imperialismi, quello decadente russo e quello nascente giapponese, per il controllo della Manciuria e della Corea, quindi dell’accesso, per la Russia, all’Oceano Pacifico. Ecco, questo invece, per inquadrare meglio quanto sto per raccontarti, è importante ricordarlo: l’Oceano Pacifico è la voce narrante con cui Hugo Pratt apre Una ballata del mare salato: «sono l’Oceano Pacifico e sono il più grande di tutti. Mi chiamano così da tanto tempo, ma non è vero che sono sempre calmo. A volte mi secco e allora do una spazzolata a tutti e a tutto.»
Tenendo ben presente questo, il resto da sapere è che la guerra cominciò il 5 febbraio 1904 (i giapponesi, cosa che da qui diventerà una loro costante, la dichiareranno 5 giorni dopo l’inizio delle ostilità) e si concluse il 5 settembre 1905, dopo l’annientamento della flotta russa avvenuto il 27 maggio con la battaglia di Tsushima. Chi sostiene che questa fu la prima volta che un esercito non bianco e occidentale inflisse un’umiliante sconfitta (in una guerra, non in una battaglia) a una potenza, diciamo, europea, dimentica sicuramente la sconfitta di Adua, subita dall’Italia nel 1896 per mano dell’esercito etiope, a meno che non consideri – anche a ragione- l’Italia come una potenza europea.
Insomma, questo era, raccontato in estrema sintesi, lo scenario in cui si trovò l’inetto Nicola II.

«Ho conosciuto uomini che invocavano la pace nelle conferenze contro la guerra e che intanto armavano la mano dei Pinkerton per abbattere gli scioperanti nelle loro fabbriche.»

Jack London, Cos’è la vita, secondo me.

Il 7 gennaio 1904 Jack London, quello vero, che compirà ventotto anni di lì a cinque giorni, si imbarca sul piroscafo “Siberia” per il Giappone. Tutti sanno che la guerra è prossima a scoppiare, e i grandi quotidiani occidentali, mandano sul posto i loro reporter pronti a ricevere e pubblicare quelle cronache di guerra che gli faranno aumentare le vendite. London ha firmato un contratto con il “San Francisco Examiner” di William Randolph Hearst (l’uomo che ha appena fregato a Joseph Pulitzer due geni assoluti come George McManus e Richard F. Outcault) per una serie di articoli dal fronte. Ha bisogno di soldi e, per quanto avrebbe preferito scrivere per “Harper” o per il “New York Herald”, Hearst gli ha fatto un’offerta che non può rifiutare. Certo ormai è un autore affermato: l’anno prima ha pubblicato un romanzo che è stato da subito un successo incredibile: Il richiamo della foresta, le copie vendute non si contano. In poche settimane è il libro più venduto in America. Allora perché ha bisogno di soldi? Perché in cambio di un’edizione accuratissima e di un totale di 2750 dollari ha ceduto tutti i diritti all’editore Mcmillan. Oltretutto ha in corso un divorzio difficile e dispendioso. I soldi di Hearst sono una vera boccata d’aria. Ma non sono solo i soldi il motivo che lo spinge a tentare l’impresa del corrispondente di guerra. È un desiderio che ha da sempre. Come spiega Cristiano Spila nella prefazione alle Corrispondenze di guerra (Nuova Delphi, 2013), per London «tra il lavoro del giornalista e quello dello scrittore si attua un forte processo di contaminazione che riguarda non solo le movenze stilistiche, le scelte lessicali o gli andamenti narrativi, ma qualcosa di più profondo. Qui si realizza l’assunzione integrale della matrice esperienziale ed esistenziale nella scrittura, tendenza fortemente presente nell’opera londoniana, dove i personaggi sono controfigure della propria vita, quasi una vita “altra” rivissuta e ripensata alla luce di un consapevole e sistematico artificio. La necessità di non disgiungere la ricerca nel campo della scrittura da quella esistenziale, che è una delle peculiarità più affascinanti della personalità di London, qui si staglia con limpida chiarezza.»

In realtà London non arriverà mai a vedere il fronte, si lamenta spesso che «i giapponesi non ci fanno vedere nessuna guerra», e quando ci si avvicina di più, nel maggio del 1904, si trova comunque nelle retrovie dell’esercito giapponese, a circa 40 miglia dalla linea del fuoco, sul confine tra Manciuria e Russia, dove il primo maggio i giapponesi infliggono ai russi una gravissima sconfitta. Qui London litiga con uno stalliere giapponese che sospettava avesse rubato la biada del suo cavallo e lo stende durante una scazzottata. Arrestato e deferito alla corte marziale rischia la fucilazione, ma viene salvato grazie all’intervento della diplomazia americana. Questo gli costerà ovviamente il rimpatrio immediato. L’esito umiliante della sua impresa di corrispondente di guerra, terminata addirittura un anno prima della fine della stessa, avrà per London un forte costo depressivo, ma negli Stati Uniti, grazie anche al risalto datogli dalle testate di Hearst, le sue cronache lo faranno diventare l’autore più popolare del momento.

Una cosa da non dimenticare è che London era anche un bravissimo fotografo, e che parte della sua popolarità fu dovuta alle fotografie che corredavano i suoi articoli. Sapeva come funziona lo sguardo, sapeva come funzionano le immagini. È per questo, tra l’altro, che le sue opere hanno attirato l’attenzione di tantissimi autori di fumetto.

Non so, a proposito di popolarità, quanti scrittori possano vantare non solo il fatto di avere visto le proprie opere trasportate in altri sistemi narrativi, ma di essere diventati loro stessi, a più riprese, protagonisti di altre opere. Nel sistema fumetto Jack London è stato trasformato in personaggio da autori del calibro di Don Rosa e Hugo Pratt. Se l’ambientazione delle storie di Don Rosa con protagonista London, durante la corsa all’oro del Klondike, esula da questo discorso, ci tengo invece a farti notare come Pratt, nella Giovinezza elevi la vicenda che costerà allo scrittore il rimpatrio, trasformando lo stalliere scazzottato in un ufficiale e il deferimento alla corte marziale in un duello d’onore.

Fa anche un’altra cosa Pratt, sposta di un anno i fatti, sovrapponendoli alla fine della guerra. Non so se lo fa per il motivo che c’ho in mente io, ma mi piace crederlo. Perché L’uomo di Tsushima di Bonvi era uscito tre anni prima della Giovinezza, e per come ce la racconta lui nel gennaio del 1905, quando Port Arthur cade in mano giapponese London non aveva ancora messo piede in Manciuria, se ne stava al caldo a Nossi-Be… e beh, avrà pensato Pratt, quindi ci sarà arrivato dopo.

Se ci pensi bene non è un’idea poi così peregrina che Pratt avesse in mente l’opera di Bonvi quando comincia la sua, intanto pubblicavano per la stessa collana dello stesso editore (“Un uomo un’avventura” edita da CEPIM) e poi, come ti racconterò nel prossimo capitolo, oltre a essere uno sguardo critico lucido e ideologico sul proprio tempo, L’uomo di Tsushima è una rilettura divertita (e critica) delle prime due avventure di Corto Maltese successive alla Ballata.

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