Da La città calda a Santa Fe’ Express

Francesco Barilli | C'era una volta il west |

Se vuoi sapere di cosa sto parlando sarà meglio che recuperi le puntate precedenti:

8 luglio 1978. Viene eletto il settimo presidente della Repubblica: il socialista Sandro Pertini, partigiano durante la Resistenza. Solo a parlartene mi manca già…
Andiamo in Corsica poco più di un mese dopo, il 18 agosto. Un proiettile vagante colpisce il diciannovenne tedesco Dirk Geerd Hamer. Morirà quattro mesi dopo. Secondo una prima ricostruzione, il colpo mortale fu sparato da Vittorio Emanuele di Savoia (erede di Vittorio Emanuele III e tessera numero 1621 della loggia massonica P2). La sua difesa sostenne che anche altre persone, mai identificate, avrebbero sparato quella notte. L’erede di casa Savoia fu quindi assolto dall’accusa di omicidio volontario e condannato solo per porto abusivo d’arma da fuoco.
A parlarti di questa brutta storia qualcosa si rischia. L’erede senza trono ha reclamato il diritto all’oblio, in proposito. Io a Vittorio Emanuele l’oblio lo darei volentieri, ampio e non solo per quella faccenda, e per di più ne ho ricordato l’assoluzione piena (nessun colpevole fu accertato per l’uccisione del ragazzo tedesco). A me basta ricordarti che devi vedere sempre la differenza fra chi aveva combattuto il fascismo (Pertini) e gli eredi del re che consegnò l’Italia a Mussolini.


Vediamo di velocizzare la nostra rilettura della saga di Ken Parker, accorpando qualche numero in più.
La città calda e Ranchero vedono ai disegni Giorgio Trevisan (al suo esordio su Lungo Fucile: ne firmerà episodi fondamentali) e Giancarlo Alessandrini. Gli episodi ruotano ancora attorno a Pat.
A Canyon City qualcuno sta organizzando una rapina col botto (in tutti i sensi), con una banda di otto complici. Ken e Pat arrivano lo stesso giorno nella città, alla ricerca della madre della ragazzina. Ma il posto in cui arrivano è proprio quello dove i criminali si stanno organizzando. E se Glenda Dawson sia o meno la madre di Pat non lo sapremo…
In Ranchero la strana coppia giunge nei dintorni di Sioux Falls. La ragazza trova il ranch che ha sempre desiderato. Il mondo della boxe pionieristica di fine ‘800, col suo corollario di loschi giri di scommesse, fa da sfondo all’episodio, in cui il desiderio di Pat di un ranch tutto per sé è vicino a realizzarsi.
L’episodio vede anche un aneddoto sull’omosessualità trattato con troppa faciloneria. Una faciloneria che, va detto, in quegli anni è analoga a tanti casi simili che la commedia italiana ha proposto nello stesso periodo. Nella ristampa Mondadori Berardi prova a eliminare quella caduta di stile. Guarda il confronto…

Tutto questo per dirti che il punto non è solo KP che cambia, proprio come noi, ma sono il mondo e la sensibilità generale a cambiare di fronte a certi argomenti. Non sempre in peggio.
Peraltro, non sarebbe corretto insinuare che Berardi abbia posto rimedio a quella caduta di stile solo con la modifica di questa vignetta. Te l’ho mostrata solo per dire (ma se stai leggendo questa rubrica lo sai già…) che anche due segni grafici e un lettering diverso possono fare capire un mutamento del paradigma culturale. Berardi già negli anni Settanta rimedierà a quel brutto aneddoto con un episodio davvero significativo, il n. 36, Diritto e Rovescio. Fatti il solito nodo al fazzoletto, ci arriveremo.

Torniamo a Ranchero e al suo finale. Di finali “Unhappy end” ne abbiamo già incontrati. Ma qui abbiamo un cedimento alla vita reale e al suo corollario di cinismo.
Pat “vince”, certo, ottiene i soldi per comprare un ranch, ma lo fa accettando che l’imbroglio di Mr. Peacock, legato alle scommesse sugli incontri di pugilato, abbia successo. Un risultato a cui anche Ken sembra adattarsi, seppure con amarezza…

Gli episodi successivi segnano un punto di svolta per il personaggio e si fanno ricordare anche per altri particolari.

Uomini, bestie ed eroi segna l’addio fra Pat e Ken e il ritorno di Ivo Milazzo ai disegni. Verso la fine dell’episodio vediamo Pat confortare il giovane Nathan per la morte di un amico. Poche tavole dopo, sarà il ragazzo a consolarla al momento della partenza di Ken. Un addio che ai lettori spiace, certo, ma va riconosciuto che è molto meglio uscire di scena così, dopo essersi segnalata come personaggio straordinario, piuttosto che essere destinata a un futuro da “spalla”, una sorta di Robin per un Ken che di Batman non ha nulla. E va riconosciuto pure che l’uscita di scena della ragazza-terribile è dolce e al tempo stesso razionale. Pat ha ottenuto finalmente il ranch dove mettere radici, ma quelle radici non sono nell’indole di Lungo Fucile. In altre parole…

L’episodio, oltre che per l’uscita di scena della piccola peste, che rischiava di rivelarsi ingombrante per la serie, distogliendo l’attenzione dal protagonista e trasportando la narrazione in altre direzioni, si segnala per alcune scelte narrative. Come a voler smentire quanto ho più volte affermato (ricordi il «KP cerca di non ancorarsi a tematiche western classiche ecc ecc?»), Berardi infila due tipiche tematiche da “fumetto con i cow boys”. Prima la faticosa guida di una mandria di bestiame nelle praterie fino al ranch, e poi (ci arrivo fra poco, con Butch l’implacabile) addirittura l’assalto alla diligenza.
Ma, come a sottolineare che il personaggio lo si fa rientrare nel genere western, sì, ma alle condizioni che stabiliscono gli autori, Berardi e Milazzo firmano un episodio che si distingue, oltre che per l’addio a Pat, per originali scelte stilistiche.
Nel racconto vediamo Ken alla ricerca di uomini da assumere come mandriani. La ricerca diventa occasione per presentare al lettore molti personaggi dei fumetti western classici, in una carrellata che è al tempo stesso omaggio, “scherzo”, e sottolineatura di quanto Ken Parker sia un eroe diverso da quelli che vediamo affollare il saloon.
Tra meta fumetto e rappresentazioni ironiche degli stessi autori all’interno dell’episodio, è il momento per Berardi e Milazzo di prendersi una pausa, e per noi di prendersi una bella bistecca!!! Ma, bada bene…

Se hai digerito bistecca e patatine, passiamo a Butch l’implacabile.
A livello di cronologia spicciola, apprendiamo una novità lavorativa per KP, che lo riporta nell’esercito: nell’episodio è lui stesso ad accennare di dover prendere servizio presso il colonnello Hopkins, per guidare una spedizione geologica nelle montagne rocciose. Ken è su una diligenza, lungo una pista polverosa. La compagnia è variegata: un tenente dell’esercito, un (sedicente) ricco ristoratore, la nipote di questi (pure lei si rivelerà qualcosa di diverso) e un cacciatore di scalpi. Insieme faranno i conti con un gruppo di Comanche.

L’episodio si distingue per un’inconsueta durezza. Tra un neonato usato come tiro al piattello…

Scotennamenti…

Il classico ferito che sceglie di non restare vivo in mano agli indiani…

E in generale un senso di negatività che fa sì che un personaggio potenzialmente odioso come Butch (davvero crudele e implacabile, come da titolo, ma pure cinico e amaro) dia una lezione a tutti:

Le parole di Butch sembrano un corollario, meno retorico e più crudo (e per questo sgradevole nel sapore, ma paradossalmente più accettabile) del “compitino” recitato pomposamente dal senatore Cox in Omicidio a Washington. Il punto però è sempre quello, per dirla con le parole di Butch: «per quei musi di rame non c’è speranza! Sono destinati a scomparire!». E sono destinati a farlo perché un’intera nazione lo ha deciso. Nessuno si senta escluso dal giudizio di Butch.

La durezza dell’episodio è ben accompagnata dalle tavole di Marraffa, che non ha il tratto leggero e pittorico di Milazzo, e ci mostra una storia in cui sembra di vedere il sudore che si mescola alla polvere, mentre il sole cuoce la pelle dei volti.

La lunga pista rossa (ai disegni Renzo Calegari e Trevisan) e Santa Fe’ Express (Alessandrini) mantengono il buon livello consueto, ma non sono memorabili nel percorso di KP. Di certo prosegue il momentaneo ritorno del protagonista nello scenario western.
Alla ricerca di due bambini apache che la madre, una donna bianca rapita anni prima, ha affidato ai vecchi e sgradevoli Jacinto e Kayita, Ken dovrà vedersela con Taza, il vendicativo apache padre dei due bambini, e salvare un paese terrorizzato. Il finale sarà amaro e il protagonista lascerà il paese al sicuro, mentre Taza e i due figli sono riuniti solo nella valle delle lacrime…
Nel secondo episodio ecco un altro topos narrativo classico: l’assalto al treno porta valori, mentre nella stazione di Santa Fe’ KP, assieme ad alcuni soldati, è in attesa del treno che trasporta le paghe. I banditi, come detto, rapinano il treno e si scatena la caccia.

Insomma, storie sempre di buon livello, anche se non memorabili nel percorso artistico della serie e neppure nella vita di KP, ma che ci concedono un ritorno a una cronologia più precisa. In base a quanto visto finora l’incontro col cinico Butch è attorno alla fine del 1874 e, come accennato, Lungo Fucile si prepara a una spedizione geologica militare. Ma lasciamo che il solito Gianni Di Pietro, dalle pagine di KP Collection Panini, coi suoi ottimi redazionali mi faciliti la ricostruzione. Scusa, sì, sono pigro: leggo e riassumo…
In sostanza, dai flashback disseminati ne La lunga pista rossa apprendiamo che la spedizione geologica sulle Rocky Mountains avviene a febbraio 1875 e che i due bimbi cercati da Ken arrivano a Leadville a maggio, mentre il lungo scontro fra KP e Taza avviene tra fine giugno e inizio luglio. Coerentemente con questa ricostruzione, nell’episodio successivo vediamo un telegramma datato 2 luglio 1875. Insomma, nella vita di Lungo Fucile siamo nell’estate del 1875.


Mentre leggi questi episodi la Città del Vaticano è teatro di quella sarabanda di Papi a cui ho solo accennato tempo fa. Te li ricordo.
Il 6 agosto muore Paolo VI e il 26 dello stesso mese viene eletto il Patriarca di Venezia, Albino Luciani, ossia Giovanni Paolo I. Dopo 33 giorni si deve già pensare al sostituto, che arriva il 16 ottobre. È il cardinale polacco Karol Wojtyła, Giovanni Paolo II, primo pontefice non italiano da più di quattro secoli. Con lui la Chiesa cattolica saluterà l’anno nuovo e parecchi altri, successivamente.
Eccoci quindi al 1979. Il 23 febbraio a Catanzaro si conclude in primo grado il processo per la strage di Piazza Fontana: sono condannati all’ergastolo Franco Freda, Giovanni Ventura e Guido Giannettini. La matrice fascista della strage è riconosciuta e finalmente viene assolto definitivamente l’anarchico Pietro Valpreda, anche se per il sigillo della Cassazione ci vorrà ancora un po’.

La storia della strage di Milano si incasinerà parecchio, più avanti. Quella processuale, dico, che quella fattuale sarebbe molto più semplice. Ci sarà un balletto di sentenze e quella che ti dicevo diventerà carta straccia. La sentenza d’appello dell’ultimo processo, confermata in Cassazione il 3 maggio 2005, concluderà che «a Padova fu costituito, nell’alveo di Ordine Nuovo, un gruppo eversivo capitanato da Freda e Ventura e che ad esso vanno attribuiti una serie di fatti delittuosi consumati nel 1969, tra i quali campeggiano gli attentati ai treni dell’agosto». (n.d.r.: Freda e Ventura furono infatti condannati per gli attentati della primavera-estate del ‘69 e per associazione sovversiva con sentenza definitiva del 27 gennaio 1987). «Circa la responsabilità di Freda e Ventura in ordine alla strage» il giudizio della Corte milanese «non può che essere uno: il complesso indiziario costituito dalle risultanze esaminate, a cominciare dall’accertamento delle responsabilità irrevocabilmente operate dalle Corti di assise di Catanzaro e Bari … fornisce a tale quesito una risposta positiva». Tradotto dal burocratese: è un giudizio di responsabilità che non si traduce in condanna penale perché i due soggetti sono stati definitivamente assolti precedentemente.
Ma questa è roba da nuovo millennio, lasciala in un angolo. Ora siamo al febbraio 1979. Tu hai da poco letto
Santa Fe’ Express, una sentenza appena decente ti ha fatto sperare che lo stato di diritto funzioni (del resto cinque giorni prima, il 18 febbraio, ha nevicato per mezz’ora nel deserto del Sahara: se non è un segno questo…). Insomma, cosa vuoi di più dalla vita? Non ti resta che aspettare il numero successivo del tuo fumetto western preferito.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)