Guardare la Mappaterra: sosta

Francesco Pelosi | Mappaterra del Mago |

La mappa è il territorio e il territorio è la mappa. Funziona così qui, nella Mappaterra del Mago Alan Moore, ormai lo sai (e se non lo sai, lo trovi scritto in tutti gli undici passi precedenti della nostra esplorazione, che trovi qui).

Dall’angolo in cui siamo ora, dal punto di vista privilegiato e sopraelevato della cittadella di Supreme, possiamo vedere l’intera Mappaterra finalmente: si estende sotto di noi, ma anche sopra e tutt’intorno, a ben guardare.
Il punto di vista privilegiato non è solo fisico ma anche temporale (da queste parti, si sa, tempo e spazio sono inscindibili): qui, nel 2022, Moore non è più famoso o influente come prima. Le sue opere non incontrano più i gusti del grande pubblico, né scolpiscono l’immaginario come hanno fatto negli anni Ottanta e Novanta del Novecento.
Per vari motivi poi, Moore ha chiuso prima con tutte le major dei fumetti e poi coi fumetti in generale, dandosi alla scrittura di romanzi e al cinema e perciò la nostra Mappaterra si spinge nella sua esplorazione solo fino al 2019, anno in cui è stato pubblicato l’ultimo fumetto che ha scritto, La tempesta, quarta e ultima parte della Lega degli straordinari gentlemen.
Toccate le coordinate dunque, come fossero pareti, possiamo ora guardare la Mappaterra.

Mappaterra del Mago disegnata da Francesco Pelosi e Francesco “Checco” Frongia

Al centro c’è la nera città di From Hell, da cui è cominciato il nostro cammino. Vedendola da qui ci si può accorgere che è avvolta dalle fiamme della Voce del Fuoco e che al suo centro c’è un Buco: lo stesso Buco c’è anche quassù, nella cittadella di Supreme, perché le due città sono uguali e contrarie, una nera e radicata alla terra, l’altra dorata e fluttuante, ma se viste dall’alto, da un luogo esterno alla Mappaterra, occupano esattamente lo stesso spazio (la sola differenza è che per entrare a Supreme bisogna attraversare la porta/avamposto chiamata 1963).

Attorno alla città di From Hell si estende una zona di campagna brulla e ancor più scura, dall’insolita forma circolare. Se potessimo guardare la Mappaterra da sotto, vedremmo che quelle oscure campagne non sono altro che le fondamenta di Providence/Neonomicon, città sottosopra, i cui tetti e palazzi, come radici marcescenti e incomprensibili, affondano direttamente nel suolo.
Il cerchio scuro di Providence è delimitato da una serie di strade che formano i lati di due triangoli equilateri incrociati fra loro a delineare una stella a sei punte.
Una delle punte, quella che guardando la Mappaterra dall’alto sembra indicare il cielo o l’Ovest, è il luogo in cui sorge la città di Promethea. Nella punta opposta invece, quella che sembra indicare la terra o l’Est, sorge la città di Tom Strong.
Da qui, risalendo verso Sud, incontriamo il piccolo paese di A Small Killing (che abbiamo già visitato), poi la metropoli di Top 10 e continuando in direzione Ovest, poco prima di arrivare a Promethea, l’albergo di Lost Girls. Seguendo questo percorso, ci si può accorgere che la parte più esterna della Mappaterra è circolare e tutti i paesi di questa zona sono collegati tra loro da strade e allo stesso modo ognuno di loro è collegato al centro di From Hell.
Proseguendo allora da Promethea, in direzione nord, troviamo la vecchia e cadente città della League of Extraordinary Gentlemen e le cinque frazioni di Tomorrow Stories (che comprendono il paese di Jack B. Quick, la palude di Splash Brannigan, la città-set cinematografico di First American e U.S. Agent e la metropoli di Indigo, conosciuta anche, a seconda del lato da cui vi si accede, come Greyshirt o The Cobweb). Infine, richiudendo il cerchio verso Est, si arriva alla cittadina di Mirror of love (anche questa già vista in precedenza) e di nuovo a Tom Strong

La cosa più interessante che si può notare da questo angolo elevato riguarda però la conformazione del terreno. La Mappaterra, per come si è formata fino a oggi, somiglia a un rettangolo in due dimensioni ma, se si guarda bene, si possono vedere quattro linee tratteggiate che dal vertice degli angoli del rettangolo si alzano perpendicolari verso il cielo, andando a toccare ognuna il vertice di un altro rettangolo tratteggiato che chiude lo spazio aereo come fosse una scatola. La Mappaterra del Mago é dunque sia un rettangolo in due dimensioni sia un parallelepipedo rettangolare in 3D. In definitiva (e come poteva essere altrimenti) ci troviamo all’interno di un Universo-Blocco/Idea-Spazio.
Il nome di questo luogo omnicomprensivo è Jerusalem

Un’ulteriore figura si delinea considerando invece i rapporti fra queste città. Se la Mappaterra si è generata a partire da From Hell, che elevandosi ha dato origine alla sua gemella celeste Supreme e poi da Supreme sono ridiscese tutte le altre città fino a sprofondare sottoterra nella città sottosopra di Providence (le cui fondamenta sono le stesse di From Hell) e se tutto questo movimento creatore continuo ruota attorno al Buco che si trova al centro di quest’ultima, vediamo che la Mappaterra è avvolta dalla forma geometrica conosciuta come Toro i cui bordi esterni toccano le pareti dell’Universo-Blocco Jerusalem.

Concludiamo la nostra esplorazione parlando allora del Buco. Come detto questa fessura da cui si origina il Toro è al centro di From Hell e Supreme. Se la Mappaterra fosse un foglio e noi potessimo girarlo e guardarne l’altra faccia, vedremmo una Mappaterra uguale e contraria a questa, al cui centro sorgono ancora una volta From Hell e il Buco ma attorniate da altre città: Watchmen, Swamp Thing, V for Vendetta e altre, ancor più piccole e remote. Questa zona sta alla Mappaterra esattamente come gli Shetran degli Induisti e le Qelipot della Cabala ebraica stanno rispettivamente ai Chakra e alle Sephirot: se la nostra Mappaterra è la polpa, l’altra è il guscio.

Nel suo romanzo monolitico Jerusalem, Moore dice, per bocca di un gigantesco angelo affrescato sulla cupola della chiesa di St. Peter a Northampton nell’anno 1865, che il sobborgo londinese di Lambeth è in realtà adiacente a Northampton, pur distando svariati chilometri, «se la mappa in cui si trovano entrambi viene piegata in un certo modo», così che «i luoghi per quanto lontani in un certo senso possono essere concepiti come un unico posto».
Lo stesso concetto viene ribadito in un’intervista del 2016 per il giornale brasiliano “Folha de São Paulo”:

«La mia concezione di un’eternità immediata e presente in ogni istante (una visione che ho poi appreso è chiamata “Eternalismo”) deriva anch’essa da molte fonti ma una definizione dell’idea dovrebbe probabilmente partire da Albert Einstein. Einstein ha postulato che noi esistiamo in un universo che ha almeno quattro dimensioni spaziali, tre delle quali sono l’altezza, la larghezza e la profondità delle cose così come le percepiamo, e la quarta, anch’essa una dimensione spaziale, è percepita dall’osservatore umano come il passaggio del tempo. Il fatto che questa dimensione non possa essere significativamente separata dalle altre porta Einstein a chiamare il nostro continuum “spaziotempo”. Questo conduce logicamente al concetto di “universo blocco”, un immenso solido iperdimensionale in cui ogni momento che è mai esistito, o che mai esisterà dal principio alla fine del nostro universo, è compresente: un vasto globo innevato di esistenza in cui nulla si muove e nulla cambia, per sempre. (…) È solo il punto luminoso della nostra coscienza che, muovendosi inesorabilmente lungo il corso della nostra esistenza, dal passato al futuro senza altre possibilità, ci da’ l’illusione del movimento, del cambiamento e dell’impermanenza. Una buona analogia potrebbe essere la striscia di pellicola di un vecchio film: la pellicola stessa è un mezzo statico e immobile, in cui le scene iniziali e finali coesistono nello stesso oggetto. (…)
Naturalmente, un’altra buona analogia, forse più attinente a Jerusalem in sé, sarebbe con un romanzo. Mentre lo si legge, c’è la sensazione del passare del tempo, dei personaggi che attraversano vari stadi della loro vita, eppure quando il libro è chiuso è un blocco compatto in cui eventi che possono distare secoli in termini narrativi sono pressati insieme nello spazio di pochi millimetri, a distanze comparabili con lo spessore di una pagina.»

Di seguito due immagini di come si presenta la Mappaterra nella nostra dimensione. La prima vista di lato, la seconda dall’alto.

Mappaterra 3D-di lato
Mappaterra 3D-dall’alto

Arnesi del cartografo

L’intervista del 2016 è stata condotta da Raphael Sassaki e poi pubblicata il primo gennaio 2017 sul giornale brasiliano citato. La versione italiana si trova in Alan Moore: 5 interviste, DIART DIGITAL ART, 2019, a cura di smokyman.

Il passo di Jerusalem è tratto dall’edizione Rizzoli Lizard del 2017.

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