Da La Regina del Missouri a Pellerossa (passando per Lily…)

Francesco Barilli | C'era una volta il west |

Se vuoi sapere di cosa sto parlando sarà meglio che recuperi le puntate precedenti:
All’inizio fu Lungo Fucile…
Da “Lungo Fucile” A “Omicidio A Washington”
Da Chemako a Sangue sulle stelle
Da Sotto il cielo del Messico a Colpo Grosso a San Francisco
Da Caccia sul mare a Il Popolo degli uomini
La ballata di Pat O’Shane
Da La città calda a Santa Fe’ Express
Da Un Uomo inutile a Il giorno in cui bruciò Chattanooga

Il 9 settembre 1979 a Monza Jody Scheckter vince il Gran Premio e ottiene la certezza matematica del titolo mondiale piloti di Formula 1. Per la Ferrari non ce ne saranno altri fino al 2000. Il trionfo di Monza è suggellato dalla doppietta. Alle spalle del sudafricano arriva Villeneuve, anche nella classifica generale. Il 1979 resterà l’anno migliore di Gilles, per risultati e per l’irripetibilità di certe emozioni. Il duello di Digione, il giro su tre ruote a Zandvooort, per dire. Cercale su youtube.
Pochi giorni dopo, il 12 settembre, a Città del Messico Pietro Mennea stabilisce il record del mondo nei 200 metri piani con un 19”72 che durerà per un bel po’. Sarà battuto solo nel 1996 dal 19”66 di Michael Johnson. Attualmente è di Usain Bolt, 19”19 nel 2009 a Berlino. Più o meno il tempo che impiego la mattina per alzarmi dal letto. Escluse imprecazioni di rito.


Altre due storie di passaggio consentono di vedere luoghi tipici del West. Il grande fiume Missouri con i suoi battelli, il Montana con i suoi ranch. Continua il sapiente e già collaudato uso di flashback con narratori diversi, che ci consente di ricostruire una vicenda secondo diversi punti di vista fino alla risoluzione finale (anche stavolta con una lettera, come capitato ne Il giudizio di Dio).
Ne La Regina del Missouri troviamo Giovanni Cianti ai disegni. Ken, sempre alle dipendenze dell’esercito come esploratore, si deve trasferire via fiume a Fort Benton. Finirà nel mezzo di una feroce contesa tra un ex cercatore d’oro e il suo finanziatore. Come sempre, la verità mostrerà diverse sfumature. Sullo sfondo, un sanguinoso assalto al battello.

Berardi continua a dimostrare attenzione non tanto – non solo – a eroi e malvagi, ma a quei personaggi secondari, magari non “cattivi” ma un po’ viscidi e che non disdegnano espedienti discutibili per fare soldi. L’autore cerca di connotarli nell’omogeneità degli atteggiamenti.

Uguale attenzione è posta a personaggi che gravitano attorno alla storia, permettendo il solito inserto “politico” nella vicenda.

In Lassù nel Montana (Bruno Marraffa e Vincenzo Monti ai disegni) conosciamo Brenda Taylor, proprietaria del Ranch Twin-T, in difficoltà economiche a causa dello strozzino/boss locale Basehart. La donna è sull’orlo di cedere e vendere il ranch.

Basehart, un arrogante pezzo grosso senza scrupoli (l’ennesimo della serie) che tiranneggia la sfortunata Brenda, è responsabile pure della morte del marito.

Indovina: con chi si schiererà il nostro (anche stavolta dopo aver rischiato di essere scambiato per un delinquente, nell’occasione ladro di cavalli)?

L’episodio successivo, Lily e il cacciatore, è fra i più celebri della serie e ricompone la classica coppia Berardi/Milazzo. Ha origine dalla creazione di una base militare nel territorio Dakota. Un iniziale accenno agli accordi politici reali è palese:

E poco dopo comincia a rivelarsi il fastidio di Ken verso la vita militare…

Ma è giusto fare un accenno alla storia reale del West in cui viene inserita la storia.

Il trattato di Fort Laramie del 1868 regolava i rapporti fra il Governo e i Sioux. Il Wyoming, la regione del Powder River e le Colline Nere (sacre per i nativi) venivano assegnate agli indiani.
Purtroppo quell’accordo si rivelò presto debole. Nelle Black Hills furono rinvenuti diversi giacimenti d’oro, attirando frotte di cercatori che causarono la rabbia delle popolazioni native. Governo ed esercito non ci misero molto a fare carta straccia di quanto concordato. Fu così che iniziò un’operazione che, prendendo in prestito la semantica da altre pagine tristi della storia dell’umanità, potremmo definire “soluzione finale”: costringere gli indiani nelle riserve, non disdegnando massacri quando questi rifiutarono il confinamento. Nel giugno 1876 tutto questo portò a un paio di vittorie di Pirro da parte indiana: la battaglia del torrente Rosebud e quella più nota del Little Big Horn, con la morte del generale Custer, di cui ti parlerò fra qualche puntata.

Stacchiamoci dalla triste cronaca e torniamo alla ugualmente triste vicenda narrata sulle pagine di Lungo Fucile. Torniamo dunque a quell’avamposto militare in territorio Dakota, che spinge gli indiani a una reazione violentissima.
Durante gli scontri, Ken viene ferito gravemente. Impossibilitato a muoversi, si rifugia in una grotta. Accanto a lui resta una strana compagna conosciuta poco prima. La cagnetta Lily, liberata dalla dolorosa stretta di una tagliola.

Oggi può apparire démodé che il protagonista esponga la sua Weltanschauung a una cagnolina, interlocutrice non in grado di capire le sue parole, ma il risultato è toccante.

Ken spesso sembra godere del silenzio (ne parleremo ne Il Respiro e il sogno). Sicuramente c’è qualcosa di naif nel suo abbandonarsi alla natura, nell’ascoltarla e nel contemplarla. C’è uno sguardo critico verso l’avanzare della civiltà, che mette a rischio i nativi americani, certo, ma pure un ecosistema ancora incontaminato. Ma sarebbe riduttivo descrivere il personaggio come una sorta di bon sauvage. C’è qualcosa di più. Una sorta di empatia universale che gli autori, attraverso la loro creatura, cercano di mostrarci.
La sua sete di capire il senso del proprio presente e della propria vita, il suo modo di vivere “dentro” la natura, accettandone anche le leggi crudeli che non sempre comprende (l’abbiamo visto nella sua esperienza col popolo esquimese, lo vedremo nel già citato Il Respiro e il sogno, lo affrontiamo qui con Lily) la sua moralità e la sua mortalità, l’empatia universale, la sua laica religiosità… Sono tutte cose che, al di là delle parole pronunciate in un semi-delirio da febbre e malattia, si percepiscono in questo episodio, durante la convivenza con un animale che gli ha salvato la vita.
Forse proprio questa storia atipica, in cui due strani amici possono comunicare solo con sguardi e silenzi e gesti, è la migliore se vuoi conoscere chi sia Ken Parker. Una storia talmente atipica che trova il tempo anche per una delicata parentesi in cui Ken, sempre nel delirio figlio della febbre, sogna una fiaba raccontata dalla madre nel “reame di Parkelot”.

Sarà la piccola Lily a procurare il cibo al protagonista, accudendolo nel periodo di convalescenza con un istinto di protezione e una sensibilità quasi umani, per abbandonarlo al termine. Solo Lungo Fucile torna al mondo degli uomini, a cui appartiene, mentre Lily torna alla propria libertà… O forse va verso la morte…

In Pellerossa i disegni sono divisi fra Carlo Ambrosini e Ivo Milazzo. L’episodio è ancora imperniato sulle tensioni fra soldati e i nativi americani.
Ken, da poco guarito dalle ferite dell’episodio precedente, deve guidare la fuga di donne, bambini e malati da Fort Show, attaccato da indiani Sioux per rappresaglia dopo che i soldati del Forte hanno assaltato il loro villaggio. La fuga però fallisce, e la carovana sta per soccombere all’assedio dei pellerossa.
L’orribile realtà della guerra, che fa combattere (e morire) chiunque davanti allo sguardo impotente di Ken, è rappresentata da Milazzo con un’efficacia che dà i brividi… Brividi ancora più attuali, nei tempi in cui mi stai leggendo, e l’orrore nello sguardo di Ken è anche il mio. E il tuo, ne sono certo…

Nel drammatico assedio Ken ritrova, per fortuna sua e dei superstiti, Mandan, conosciuto in KP 1. Tra i due era nata una forte stima, e il capo Cheyenne gli aveva salvato la vita in quell’episodio.   

Proprio il rispetto verso Ken convince Mandan a risparmiare i sopravvissuti in un finale amaro e bellissimo, che allargherà quel solco fra il protagonista e il mondo militare (a cui ho accennato parlandoti dell’inizio di Lily e il cacciatore). Un solco che presto diventerà frattura insanabile, con conseguenze sul percorso narrativo della serie.

Quel profondo rispetto induce Mandan a restituire il fucile a Ken, non senza un monito che solo superficialmente puoi sentire come un rimprovero. In realtà è un amaro addio.

La cronologia spicciola torna in Lily nella didascalia precisa di una vignetta (1 dicembre). Considerato quanto dicevo la scorsa volta, siamo alla fine del 1875. Dunque, considerando la convalescenza e la breve permanenza a Fort Show (all’inizio di Pellerossa c’è un riferimento a gennaio) ora ci troviamo nei primi mesi del 1876.


Nella vita reale, le storie che abbiamo letto hanno accompagnato la fine del 1979 e aperto il 1980.
il 24 dicembre l’Unione Sovietica invade l’Afghanistan. Buon Natale.
Il 20 gennaio il presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, annuncia il boicottaggio alle Olimpiadi di Mosca. Buon anno.
Consolati pensando che il 1980 ci porterà il tempo delle mele (in Francia: in Italia a dire il vero arriverà l’anno dopo) e Lio con la sua
Amoureux solitaires. Se non sai cosa sia l’erotismo guarda qui. Preferisco non dirti cosa pensavo vedendo Lio piroettare con la sua sottoveste.

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(Quasi)