THE MAGUS IS IN!

smoky man | Para & Meta testi, Visiting Professor |

L’Altra Londra, il potere della Magia e il futuro dell’Umanità

Una chiacchierata con ALAN MOORE

a cura di smoky man in collaborazione con Omar Martini e Franceso Pelosi

Quasi è estremamente lieta di presentare al proprio pubblico un’intervista esclusiva con lo Scrittore di Northampton. Buona lettura!

Intervista condotta via e-mail: domande inviate il 15 Febbraio 2025, risposte ricevute il 27 Febbraio 2025. Un ringraziamento speciale a Joe Brown per il prezioso supporto. Traduzione: smoky man & Omar Martini

Iniziamo parlando dell’aspetto storico della serie Long London e del suo primo libro Il Grande Quando. Quali ragioni ti hanno portato a scegliere propri quegli anni per ambientare ogni libro? Ogni volume avrà come tema portante un autore e un genere diverso? Te lo chiedo perché nel primo l’argomento di riferimento è la narrativa e l’autore principale è Arthur Machen, nel secondo, dalle prime anticipazioni, sembrerebbe essere forse la musica e Joe Meek, considerando il titolo I Hear a New World, lo stesso di un suo album, e i riferimenti a questo produttore musicale presenti nell’epilogo de Il Grande Quando

Alan Moore: In generale, quello che intendo fare con questa serie di cinque libri è parlare indirettamente del secolo attuale e di dove siamo ora, discutendo apparentemente dell’ultima metà del secolo precedente e di dove eravamo allora, per offrire una sorta di mappa psicostorica di come siamo arrivati fino a questo punto. La fine dei decenni mi è sembrata una buona prospettiva attraverso cui parlare dei decenni stessi, e così ho deciso che il primo volume si sarebbe svolto alla fine degli anni ’40 (mi pareva un punto di partenza utile, dato che Londra e l’Inghilterra erano quasi completamente distrutte dopo la fine della II Guerra Mondiale), il secondo alla fine degli anni ’50, il terzo alla fine degli anni ’60, il quarto alla fine degli anni ’70 e poi ci sarà un intervallo di vent’anni che verrà spiegato prima del quinto e conclusivo volume, ambientato alla fine degli anni ’90, alla vigilia del nuovo millennio.

Per quanto riguarda l’ipotesi che ogni libro sia incentrato su un autore diverso e su un genere (medium?) differente, temo di doverti smentire. Arthur Machen è, in una certa misura, lo spirito-guida che aleggia su tutti e cinque i libri, semplicemente perché la mia Altra Londra è un’elaborata derivazione della metropoli nascosta presente nel racconto “N” scritto da Machen. La letteratura, poi, sarà presente in tutta la serie, e non come il “tema” di uno dei libri. Il tema specifico è semplicemente l’epoca in cui ogni volume è ambientato, anche se sto cercando di presentare ogni periodo mostrando lo sviluppo dei diversi fattori che lo compongono.

Per esempio, nel primo libro l’opera letteraria a cui forse si fa più riferimento è 1984 di George Orwell, che all’epoca era stato appena pubblicato. Le cose più vicine alla musica popolare e alla tecnologia utilizzata per suonarla erano il “tema di Harry Lime”, tratto dal film Il terzo uomo, e un pianoforte da pub. Nel cinema, il già citato Il terzo uomo è stato probabilmente il film dell’anno. Lo stato della cultura nera era legato alla nuova popolazione, proveniente delle Indie Occidentali e insediatasi in zone come Brixworth e Notting Hill, in seguito all’arrivo della nave Windrush, o ad appariscenti anomalie come il Principe Monolulu. Il riferimento alla cultura gay, allora illegale, è rappresentato dall’inserimento della figura del parlamentare laburista Tom Driberg, lo stato dell’arte inglese alla fine degli anni ’40 è forse illustrato al meglio da Austin Spare, mentre la criminalità londinese era dominata dalla collaborazione in declino tra Jack Spot e Billy Hill. Viene affrontata anche la situazione delle donne e dei poveri. In tutti e cinque i libri, naturalmente, è presente il personaggio di Maurice Calendar, attento alle mode e che ci tiene letteralmente al passo con i cambiamenti nella cultura giovanile e nella controcultura.

Nel secondo libro, ambientato nel 1958-59, nonostante Dennis stia leggendo Casino Royale di Fleming, il libro che attende con ansia è l’ultimo volume del ciclo di “Gormenghast” di Mervyn Peake, Via da Gormenghast. La musica pop e la sua tecnologia sono cresciute parecchio, dato che siamo nell’era del rock’n’roll, e sono principalmente rappresentate da Joe Meek. Per quanto riguarda il cinema, La strada dei quartieri alti e Nudi alla meta sembrano i film simbolo del periodo e vengono brevemente discussi, così come un paio di programmi televisivi del tempo. La cultura nera è ora espressa tramite personaggi come il criminale Michael de Freitas, noto negli anni ‘60 come il rivoluzionario Michael X, e le rivolte razziali a Notting Hill, durante l’agosto del 1958, le prime ad avvenire in Gran Bretagna. La cultura queer o gay, ancora illegale, è osservata attraverso la lente di Joe Meek o della figura volubile e crepuscolare di David Litvinoff, l’arte londinese è ora principalmente il territorio di Francis Bacon o Lucian Freud, e la criminalità londinese è dominata da Peter Rachman, magnate immobiliare di Notting Hill, e dai gemelli Kray, che si stanno rapidamente facendo strada. La situazione delle donne o dei poveri è cambiata a malapena.

E così seguiamo questi diversi filoni attraverso i cinque volumi, a volte in modo evidente, a volte tramite semplici dettagli rivelatori sullo sfondo. Oltre a questo, naturalmente, abbiamo vari riferimenti agli eventi più importanti del decennio in questione, per fornire un contesto storico. Tutto questo fa parte della mia strategia di esaminare la fine del XX Secolo per parlare dell’inizio del XXI.

Il 1949 ne Il Grande Quando potrebbe essere assimilato, in qualche modo, al 1888 di From Hell, ovvero un anno che avrebbe influenzato i decenni a seguire? Sembra che quell’anno, alla luce delle tue considerazioni, espresse principalmente attraverso gli amici del protagonista Dennis Knuckleyard, rappresenti soprattutto il trauma e gli effetti che la Seconda Guerra Mondiale ha avuto sulla psiche degli inglesi. Può essere una chiave di lettura corretta?

Alan Moore: In From Hell abbiamo suggerito che il tardo periodo vittoriano, nel 1888, e in particolare gli omicidi di Whitechapel, fossero, metaforicamente, i vagiti della nascita del XX Secolo. Nel frattempo, in Lost Girls, Melinda e io abbiamo ipotizzato che la tarda era edoardiana, nel 1913-14, e lo scoppio della I Guerra Mondiale, credo in modo altrettanto ragionevole, fossero l’inizio del mondo moderno. Immagino che la verità definitiva sia che ogni decennio, ogni anno, potenzialmente ogni alba, è la fine di un mondo e l’inizio di uno nuovo, anche se nel corso dei cinque libri di Long London voglio vedere cosa succede quando questa verità evidente si scontra con l’attuale adagio popolare secondo cui il vecchio mondo si rifiuta di morire per cui il nuovo mondo non può nascere.

Come detto in precedenza, il 1949 mi è sembrato un buon punto di partenza per l’idea di una serie di romanzi ognuno ambientato in un decennio diverso, sia in termini di lunghezza della proposta (ho pensato che cinque volumi sarebbero stati il mio limite assoluto) sia considerando Londra come una sorta di “tela bianca” dopo la guerra, un luogo distrutto fisicamente e psicologicamente, dove, dopo la fantascienza delle bombe V, potrebbe succedere di tutto. Un luogo in cui la vita quotidiana delle persone era appena stata fatta saltare in aria e bruciata, e dove la realtà stessa poteva essere in palio. Di certo, con le cicatrici delle bombe che sarebbero rimaste fino al 1998, gli anni ’40 hanno gettato una lunga ombra sull’Inghilterra dei decenni successivi, rendendoli forse il luogo ideale per iniziare la mia storia lunga cinquant’anni.

In molte delle tue opere, l’Immaginazione, oppure l’Altrove, invade spesso la Realtà. Pensiamo, ovviamente, a Long London, a Providence, alla Lega ma anche al racconto su Thunderman, contenuto nell’antologia Illuminations. A volte il mondo dell’Immaginazione influenza o interferisce, quando non prevarica direttamente, quello reale. Qual è l’interconnessione tra Realtà e Immaginazione e come si collega con il tuo concetto di Idea-Spazio e di Magia?

Alan Moore: Occorre innanzitutto definire attentamente cosa si intende con il termine “Realtà”. Mi sembra che, probabilmente, ci si riferisca alla realtà materiale. La mia posizione è che, sebbene siamo apparentemente parte e circondati da una realtà materiale (dico apparentemente perché tutti noi componiamo la realtà materiale, momento per momento, sull’illusione delle nostre percezioni e non siamo in grado di dimostrare che sia davvero lì, elemento che rappresenta il problema fondamentale della coscienza), siamo chiaramente parte e immersi nella realtà immateriale dei nostri processi mentali.

Poiché la scienza materiale, che giustamente richiede test empirici ed esperimenti ripetibili, non può misurare o investigare in modo significativo la coscienza umana, tende a definirla come un “fantasma nella macchina” e a insistere sul fatto che l’unica vera realtà è quella materiale, di cui possiede metriche e teorie. Questo approccio si è insinuato fino alla visione del mondo predefinita della persona comune, per cui affermare che qualcosa sta accadendo solo nella mente di qualcuno equivale a dire che non sta accadendo e, per estensione, che i nostri pensieri e i nostri meccanismi interiori non sono reali.

Ora, grazie al complesso problema della coscienza a cui si è fatto riferimento in precedenza, mentre non posso affermare in modo definitivo che i pensieri e i meccanismi interiori di tutti gli altri siano reali, posso assicurare che i miei lo sono sicuramente. Infatti, sempre grazie al complesso problema della coscienza, i miei pensieri e i miei meccanismi interiori sono le uniche cose in tutta l’esistenza che so essere reali. L’immaginazione è l’unico fenomeno che sappiamo non essere immaginario.

Infatti, se osserviamo la realtà materiale più da vicino, possiamo vedere che la maggior parte del mondo fisico che ci circonda – gli edifici, i vestiti, la tecnologia, le stanze in cui siamo seduti in questo momento, le lingue con cui pensiamo e comunichiamo, i gruppi sociali e le istituzioni a cui apparteniamo – ha le proprie origini nell’immaginazione umana, nell’immateriale mondo interiore di qualcuno, da qualche parte, in qualche momento.

Concepita in questo modo, sembra che la realtà fisica tangibile sia quasi interamente fondata sul mondo spettrale dei pensieri, dei concetti e delle idee; sembra che questo inafferrabile territorio invisibile sia il fondamento su cui poggia il nostro mondo solido e concreto. Questo mondo astratto è anche, a suo modo, più duraturo e quindi, forse, più concreto del nostro regno materiale: il concetto di impero è sopravvissuto a lungo agli imperi e se tutte le sedie fisiche del mondo dovessero scomparire domani, fintanto che manteniamo il concetto di sedia, non sarebbe un gran problema. È solo quando perdiamo le nostre idee e i nostri pensieri, come nel caso della biblioteca di Alessandria, che sprofondiamo per mille anni in un medioevo catastrofico.

Pertanto, la mia conclusione è che gli esseri umani e forse tutte le forme di vita senzienti sono in un certo senso anfibie, in quanto vivono contemporaneamente in due mondi, ovvero il mondo materiale del corpo e il mondo immateriale della mente. Credo, inoltre, che sarebbe utile considerare questi due mondi come due spazi che occupiamo simultaneamente: da questa considerazione, nasce la mia teoria dell’Idea-Spazio. Sostengo questa visione da diversi decenni, ho modificato i miei processi creativi attorno ad essa e, finora, non mi sono mai imbattuto in un fatto scomodo o in un’acuta controargomentazione che la confutassero.

Rileggendo “N”, il sublime racconto di Machen, ho capito che mentre la sua visionaria Altra Londra aveva molto probabilmente intenzioni e inflessioni diverse rispetto alle mie idee di spazio concettuale, da una certa angolazione potevano essere viste come aspetti dello stesso regno archetipico, un mondo in qualche modo senza tempo, più vero e più significativo dei viali e vicoli a noi familiari. E anche se sono consapevole che tutto questo è un’assurda e, spero, sfavillante fantasia che mi sono inventato, sento che, almeno a livello metaforico, ogni parola che la definisce è vera.

Il Bumper Book è un grimorio contemporaneo che ci guida nel mondo della Magia, da un punto di vista storico, pratico e narrativo… sempre però con una certa dose di ironia.

Per noi abitanti del XXI Secolo, dalle menti, che si suppone, razionali e scientifiche (ma su questo ci sarebbe probabilmente da discutere, considerate tutte le fake news a cui la gente pare credere, i cospirazionisti, i terrapiattisti, ecc…), il concetto di Magia pare sfuggente, spesso banalizzato e relegato al campo della superstizione o dell’intrattenimento alla David Copperfield. Per te e Steve Moore, invece, la Magia è dappertutto ed è un fatto concreto, che si può identificare con (la fonte della) Creatività, forse con uno degli aspetti fondanti dell’umanità. Ovviamente, c’è un intero libro da leggere e assorbire ma… in estrema sintesi, cos’è la Magia?

Alan Moore: Farò del mio meglio, ma effettuerò una sintesi piuttosto ampia. Se ho capito bene l’argomento, la Magia ha origine centinaia di migliaia di anni fa da un goffo gesto che coinvolge una patata. Questo ipotetico tubero, accidentalmente buttato vicino al fuoco dell’accampamento, ha rappresentato l’invenzione della cucina. È stato un enorme balzo in avanti che ha significato che non avessimo più bisogno di sprecare il novanta percento del valore energetico del cibo attraverso l’atto della masticazione. Questo, a sua volta, ha comportato che non avessimo più bisogno delle grandi, larghe e digrignanti mascelle che avevano fatto spazio alla nostra necessariamente potente dentatura.

Nel corso dei millenni successivi, abbiamo quindi gradualmente perso un osso che aveva aumentato la larghezza delle nostre mascelle e, come si è scoperto, limitato la crescita della parte superiore del nostro cranio. Una volta scomparso questo osso, la parte superiore delle nostre teste ha potuto espandersi, consentendoci di sviluppare cervelli più grandi e complessi, in grado di fare cose nuove e sconosciute che i nostri vecchi cervelli non potevano fare: forse la differenza era simile a quella tra il possesso di un abaco e avere una connessione internet. A mio avviso, lo sviluppo della moderna coscienza umana ha seguito più o meno la seguente traiettoria: la prima svolta è stata nel concetto fondamentale di rappresentazione, vale a dire l’Arte. Questo ci ha permesso di dire che quei segni sulla parete di una caverna o quei suoni fonetici rappresentano o definiscono, in qualche modo, quell’enorme bisonte laggiù. Questo concetto vitale ha permesso lo sviluppo del linguaggio parlato e, forse ancora più importante, del linguaggio scritto pittografico. Il linguaggio, ci assicura la moderna teoria linguistica, precede la coscienza, e quindi questo è il punto in cui ha origine la moderna coscienza umana.

La mia opinione è che la Magia sia la reazione, perfettamente naturale, dell’Umanità alla straordinaria novità che sembrava avere dentro la testa. Non disponendo di una teoria sul cervello, da dove potevano provenire tutte queste voci interiori, immagini, ricordi, sogni, pensieri e idee capaci di cambiare il mondo, se non da spiriti o divinità? Quindi, la magia sciamanica è stata congegnata come una tecnologia onnicomprensiva, pensata per comprendere meglio e mediare uno straordinario nuovo universo di pensieri e percezioni del tutto senza precedenti. E a chi facesse notare che queste persone primitive non stavano comunicando affatto con entità soprannaturali, ma “semplicemente” con parti della loro coscienza appena forgiata a cui non erano stati in grado di accedere in precedenza, farei notare che il loro approccio a questi nuovi fenomeni mentali ha avuto evidentemente successo, avendoci donato il nostro mondo contemporaneo e la maggior parte delle cose in esso contenute, qualunque di queste due spiegazioni sia la verità. A prescindere dalla provenienza, la loro magia, evidentemente, funzionava. Era una magia dell’esistenza che includeva tutti e al suo centro c’era la pura estasi dell’Essere. Un aspetto ancora più importante era che lo sciamano, o la shamanka, dispensava le visioni all’intera tribù: questo significava che l’esperienza delle persone con questa natura divina simbolica era diretta e non mediata attraverso l’infinita fornitura di terze parti ecclesiastiche come avviene nelle religioni. Quella era l’origine di tutta la nostra spiritualità e di tutta la nostra cultura, due entità che allora erano considerate indivisibili.

Con le sue osservazioni transgenerazionali del cielo, delle stagioni e dei cicli degli esseri viventi, lo sciamanesimo fu probabilmente ciò che permise l’emergere dell’agricoltura, che portò agli insediamenti, che portarono alle prime città-stato, che, ironicamente, portarono al lento e implacabile smantellamento della Magia. In sostanza, la visione del mondo magica fu cannibalizzata e le sue parti utilizzate come fondamento della civiltà.

Con le persone non più costrette a coltivare il proprio cibo, divenne possibile la specializzazione. Comparvero i sacerdoti che presero il controllo del ruolo spirituale della Magia, ora divisa in numerose religioni, spesso in conflitto tra loro. Artisti e scribi professionisti scorporarono il ruolo dello sciamano come dispensatore di visioni, mentre l’ascesa dei visir, che sostituirono gli sciamani come consiglieri dei capi tribù, significò che la Magia non aveva più una dimensione politica o sociale. Bisogna ammettere che la Magia aveva ancora aspetti molto importanti, come l’accesso al mondo interiore e la progressiva comprensione di ciò che sarebbero poi diventate la Scienza e la Medicina sotto l’etichetta di “Filosofia naturale”.

Tuttavia, con il Rinascimento, la Scienza e la Medicina emersero come discipline a sé stanti, rinnegando le fondamentali tradizioni magiche che le avevano generate. Questo lasciò alla Magia l’accesso al mondo interiore, ma all’inizio del XX Secolo Sigmund Freud rese popolare la psichiatria, utilizzando concetti familiari nelle logge occulte dei duecento anni precedenti (il termine “inconscio” fu coniato e utilizzato per la prima volta da Paracelso, occultista del XVI Secolo): sembrò che alla Magia fossero rimaste soltanto le pose e i vuoti rituali. Dato che tutta la cultura moderna (tra cui danza, letteratura, musica, arte e teatro) ha le sue origini nel repertorio sciamanico di performance che inducono a uno stato di trance, sembrerebbe che gran parte della società che ci circonda sia, in realtà, composta dalle parti smembrate del corpo della Magia.

La Magia al giorno d’oggi, forse priva di un’apparente utilità o scopo, è in gran parte degenerata, apparentemente, in una fantasia escapista e materialista. La maggioranza dei suoi esponenti sembra vederla come una sorta di effetto speciale o di superpotere che costringerà immediatamente la realtà a consegnare loro tutto ciò di cui hanno bisogno, un’estensione soprannaturale di Amazon, se si vuole, meno costosa ma molto meno affidabile. Se la Magia avesse mai funzionato in questo modo, immagino che ora saremmo in un’utopia perfetta o in un paesaggio infernale di Hieronymus Bosch.

L’unica cosa su cui la Magia sembra agire in modo affidabile è la persona che la esegue. Non funziona direttamente sul mondo, ma piuttosto è in grado di trasformare l’individuo in qualcuno che può agire direttamente sul mondo. E tutte le sue azioni magiche, che abbiano successo oppure no, richiederanno un’enorme quantità di lavoro coscienzioso, come ci si potrebbe aspettare. Le persone che cercano una soluzione facile alla vita, attraverso la Magia, la stanno cercando nel posto sbagliato. La Magia non è qualcosa che ti aiuta materialmente nella vita. Piuttosto, è qualcosa a cui dedicare la propria vita, senza brama di risultati materiali.

Nel Bumper Book, io e Steve abbiamo tentato una definizione di Magia che fosse molto più inclusiva delle arti e delle scienze creative, e meno focalizzata sulla (forse arrogante) volontà del mago: “La magia è qualsiasi impegno intenzionale con i fenomeni e le possibilità della coscienza”. E questa, senza prenderci tutto il tempo che abbiamo impiegato nel Bumper Book, è la migliore risposta breve che posso dare al momento.

Ripensando ai tuoi lavori e al tuo percorso personale, mi pare di individuare tre “pilastri”: l’Anarchia in politica, l’interesse per la Scienza e le sue teorie (Eternalismo, fisica quantistica, evoluzione dell’Universo, IA…) e l’onnipresente Magia. Che relazione hanno l’una con l’altra? C’è un equilibrio? Oppure è in atto una complicata dialettica?

Alan Moore: Anche se sono d’accordo con il tuo schema di base e la mia posizione politica è effettivamente anarchica, nei tre pilastri da te suggeriti potrebbe essere più utile sostituire “Politica” con “Anarchismo”. Inoltre, penso che probabilmente andrebbe aggiunto un quarto pilastro per rappresentare il mio interesse per il mezzo attraverso cui esprimo gli altri tre, vale a dire l’Arte.

Tutti questi elementi condividono un’origine comune nello sciamanesimo del Paleolitico, come detto in precedenza, ma forse la relazione tra di loro è spiegata con maggior chiarezza dalla connessione ideale che suggeriamo nel Bumper Book. All’origine della composizione che proponiamo esiste una concezione rivitalizzata e riconfigurata della Magia. Il passo successivo è quello di collegare la Magia con l’Arte: in questo modo i due campi verrebbero potenzialmente arricchiti, dando alla Magia un effetto e uno scopo visibili, come nelle opere di Austin Osman Spare o negli scritti di William Blake, e al contempo infondendo nell’Arte una visione autentica, lontana dalla tendenza attuale che va verso un concettualismo piuttosto vuoto.

Fatto questo, suggeriamo di collegare Arte e Scienza, una connessione che potrebbe nuovamente giovare ad entrambe le discipline e che rappresenta un processo in una certa misura già in corso, con gli artisti che traggono ispirazione dalle immagini o dai concetti mozzafiato della scienza contemporanea e gli scienziati che si rendono conto che, per esempio, scrittori modernisti come Woolf o Proust intuivano cose che la neuroscienza sta confermando solo ora.

L’ultimo collegamento nella nostra composizione è anche il più controverso e quello che ha meno probabilità di essere adottato. Dovremmo, in ultima analisi, collegare la Scienza alla Politica: questo ci darebbe la possibilità di un governo basato sui fatti e forse rappresenterebbe la fine della nostra cultura, di certo fondata deliberatamente su falsità, disinformazione e teoria della cospirazione. Questa composizione di Magia-Arte-Scienza-Politica, più o meno analoga alla nozione occulta di Fuoco-Acqua-Aria-Terra, Coppe-Denari-Bastoni-Spade, o Spirito-Emozione-Intelletto-Materialità, è il modo in cui sento che la maggior parte delle cose, me compreso, funzionano al meglio e non vedo perché non dovrebbe essere esteso alla nostra struttura sociale.

Cosa pensi dell’attuale situazione politica del mondo? Possiamo avere una ragionevole speranza oppure per l’Umanità lo scenario è, inevitabilmente, cupo?

Alan Moore: La mia risposta è entrambe le cose. La speranza è sempre l’unica posizione razionale, in quanto rinunciare alla speranza di avere successo è una garanzia di fallimento e, nel caso in cui accada il peggio, è sicuramente meglio aver fallito sapendo di aver resistito e di aver dato il massimo per evitare che accadesse. Quindi sì, c’è sempre speranza. Allo stesso tempo, temo che il mondo si trovi inevitabilmente davanti a un periodo cupo e la speranza è che possiamo sopravvivere e poi costruire qualcosa di meglio.

Se desideriamo avere un futuro abitabile per noi, per i nostri figli e per i loro figli, allora potrei tranquillamente suggerire di smettere di eleggere e tollerare degli evidenti buffoni fascisti perché pensiamo che siano personaggi divertenti, come se fossero coinquilini del Grande Fratello. Questo non è un reality. Questa è la realtà, o ciò che ne resta. Protestiamo invece e opponiamoci fino all’ultimo respiro a questi idioti nazisti con la bava alla bocca, piuttosto che sorridere stupidamente mentre Elon Musk “ci dona il suo cuore” nello stile di Norimberga. Facciamo notare che sono dei cretini suicidi quando insistono a dire che il cambiamento climatico è una bufala cinese. Non cediamo di un millimetro davanti a questi stronzi decerebrati.

E, cosa più importante della condanna di forze che causano questo disastro dalle molteplici conseguenze, assumiamoci la responsabilità per noi stessi e per le nostre comunità. Per l’amor del cielo, smettiamo di fare affidamento su questi leader e sulle loro strutture sociali egoistiche che non ci portano da nessuna parte se non nell’abisso. Se vogliamo che le cose esistano – cose come un’istruzione adeguata, servizi sanitari e assistenziali – allora diamo le nostre energie, il nostro tempo, il nostro denaro, la nostra arte ai numerosi progetti comunitari che stanno spuntando per necessità e tentano di contrastare queste mancanze dello Stato o il mondo tossico che hanno causato.

Sostenete i movimenti ambientalisti e le proteste, difendete i diritti delle minoranze e delle donne in un momento in cui tali diritti vengono strappati via da quell’orribile e, al contempo, ridicolo personaggio attualmente alla Casa Bianca, date vita ad associazioni artistiche oppure avviate fanzine riconoscendo così che, probabilmente, dovremmo pensare anche a creare la nostra arte e il nostro intrattenimento, e fate qualcosa, piccolo o grande che sia, per rendere il mondo intorno a voi più simile al mondo in cui volete vivere.

Buona fortuna.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)