Io Luigi Bernardi non lo conoscevo

Francesco Pelosi | Fuori tempo |

Scrivo per QUASI dal luglio 2020, da quando Paolo Interdonato mi ha invitato a farlo. Lo leggo però dall’aprile dello stesso anno, dal primo articolo postato sul sito, e da subito ho pensato che l’approccio di Paolo e Boris Battaglia fosse qualcosa di molto vicino al mio sentire. Soprattutto l’idea degli “Strani Anelli”, rubrica un po’ persa per strada in questi tre anni, in cui gli immaginari si richiamano per istinto e non necessariamente per ragione, creando grolle-sentiero in cui sbronzarsi di narrazioni.
Insomma, nonostante alcune inevitabili divergenze caratteriali, in QUASI mi sono trovato subito a casa. Ma in quel luglio 2020 io Luigi Bernardi non lo conoscevo. E non lo sapevo che gran parte di quell’approccio venisse da lui.

Eppure quel nome, Luigi Bernardi, ce l’ho avuto sotto gli occhi fin da bambino, in tutti quegli albi di “Orient Express” scovati nella libreria di mio padre e poi letti e riletti allo sfinimento. Mentre dalle pagine di QUASI, sin dai primi mesi, il suo nome continuava a zampillare fuori come un richiamo vulcanico, un monito, il Grande Vecchio di questo sottoculto fumettistico. Ma all’epoca non lo conoscevo, non ci avevo mai fatto caso.
Lui però aveva fatto caso a me, come a tutte le altre persone a cui erano arrivate in mano le sue pubblicazioni. Mi aveva infarcito gli occhi delle sue scelte, dei fumetti e degli autori che amava, fornendomi parte di quel «sistema complesso di competenze» che, come scrive Paolo nel suo editoriale, secondo Bernardi bisogna acquisire da bambini per leggere i fumetti. Ecco che allora, Luigi Bernardi mi ha insegnato a leggere.

Ogni tanto ripenso al “Texone” di Magnus, La valle del terrore, scritto da Claudio Nizzi. Ci penso e mi chiedo «perché?». Per quale motivo un gigante del fumetto come Roberto Raviola ha passato gli ultimi sette anni della sua vita agganciato a una storia non sua e, tutto sommato, nemmeno particolarmente brillante? Erano almeno quindici anni che faceva l’autore unico, inanellando pagine memorabili, da Lo Sconosciuto a I Briganti alle Femmine Incantate, ma con la morte che gli soffiava sul collo, Magnus ha fatto Tex. 
Poi guardo alcune interviste e capisco che Tex e Galep erano i suoi eroi da bambino e che il fumetto popolare è stato un amore al quale si è sempre votato, anche quando era un carcere. E allora tutto torna. Si impara da bambini a leggere i fumetti, e anche ad amarli.
Magnus funziona allo stesso modo di Tex e del fumetto in generale: se non lo leggi da piccolo, c’è il rischio che dopo ti sfugga qualcosa. Che le pose dei suoi personaggi ti risultino strane, forzate, magari artificiose. Che l’ironia intrinseca delle sue composizioni, anche di quelle più tragiche, possa sembrarti fuori luogo. Che l’intervallo di spaziotempo tra le vignette tu lo percepisca come “vecchio”, troppo largo e inesatto per una lettura contemporanea, abituata a più fotogrammi per secondo sulla pagina. Che quell’atmosfera tesa tra materia e spirito non faccia breccia nel tuo sentire. 
Ma Magnus ai miei occhi condensa e parla il linguaggio del fumetto come pochi autori fanno. Una lingua che guarda al cinema ma che non lo imita. Che fa cenno alla letteratura ma che non la ricerca. Che suggestiona di realtà ma che non la rappresenta né la vuole rappresentare.
Ecco allora che, dopo “Topolino”, è stato grazie a Luigi Bernardi e alle sue pubblicazioni (su tutte, come è intuibile, quelle dedicate a Magnus) che io ho imparato il fumetto. A leggerlo e ad amarlo. E ad avere con quelle pagine una comunicazione intima e segreta, simile a quella che su QUASI ogni tanto qualcuno cerca di raccontare.

Paolo e Boris sottolineano spesso che nella vita ci sono cose ben più importanti del fumetto. Io, ogni volta che li leggo dire questo, storco il naso, non sono d’accordo. Se il fumetto ti insegna a guardare, ti insegna anche a vivere. Le immagini entrano negli occhi e sconquassano la percezione, innescano reazioni, producono cambiamento.

Ti è piaciuto? Condividi questo articolo con qualcun* a cui vuoi bene:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

(Quasi)