BACGLSP: Il fumetto, quello vero, Paolo Bacilieri

Francesco Pelosi | Fuori tempo |

Premessa.

Questo mese, Paolo Interdonato e Boris Battaglia decidono di dare “(Quasi) un premio” ai fumetti che secondo loro sono i migliori dell’anno precedente, il 2023. Per farlo, decidono anche che la rivista che dirigono sarà monopolizzata per tutto maggio da questo studio/gioco che, personalmente, apprezzo molto (come gioco, non come classifica, né come “premio”, tengo a precisare).
Il problema è che di tutti i fumetti che Paolo e Boris hanno messo sul podio o a cui hanno dato menzioni, ce ne sono solo due o tre che mi son piaciuti così tanto da farmi dire “sono i migliori del 2023!”, e nemmeno uno di questi è tra i vincitori. Ma soprattutto, problema ancora più grosso, fra tutti quei fumetti non c’è BACGLSP – Basta A Ciascun Giorno La Sua Pena di Paolo Bacilieri (edito da Coconino). E visto che per me quel fumetto è, non so se proprio il migliore, sicuramente tra i migliori del 2023, eccomi qui a parlarne.

1.

C’è uno spazio tra chi fa le cose e le cose stesse, come c’è tra le cose e chi ci si rapporta. Nel nostro caso, c’è uno spazio tra gli autori e i loro fumetti e fra quei fumetti e chi li guarda/legge. Non sto facendo un discorso metafisico (per lo meno, non ancora), ma un discorso pratico: l’autore non è la pagina che sta disegnando e quella pagina non è lui. Pur se in connessione (tramite idee, immaginazione, mano, matita/penna/pennino/pennarello, foglio/tavoletta), questi due rimangono corpi ben distinti: da una parte quello umano, al cui interno nasce la storia, e dall’altra quello cartaceo, su cui quella storia esiste. Nello spazio fisico tra questi due corpi, succedono le cose.
Credo che ogni autore sappia perfettamente, anche solo a livello istintivo, che il fumetto succede e vive in quello spazio: non nella mente, non sul foglio, ma nello spazio vuoto fra i due (ecco, se stessi  facendo un discorso metafisico, direi a questo punto che quel vuoto non è vuoto, e che quindi in realtà la distanza fra le due cose non esiste).
Quello spazio “vuoto”, nella mia personale idea, è il tempo-luogo in cui sostanza e forma si innescano, creando. Nel caso dei fumetti, è lì che nasce il Fumetto, quello scritto con la maiuscola perché inteso come qualità assoluta, concetto, e non come quello che vai a comprare in edicola o in libreria. E ciò che intendo per Fumetto (una cosa assimilabile al Duende di cui parla Federico Garcia Lorca), lo dico subito per fugare ogni dubbio, non riguarda la storia o le tematiche di questa o quell’opera in particolare, e non riguarda nemmeno la sua tecnica o il tipo di narrazione. Fumetto, maiuscolo, è per me un’idea totalmente astratta, indescrivibile e intuitiva, di cui possiamo fare esperienza unicamente in maniera privata (ecco, ora siamo arrivati al metafisico). Una gnosi che ogni lettore di fumetti può sperimentare personalmente, senza però poterla comunicare se non limitandone fatalmente impatto e portata. È, in ultima analisi, il momento in cui, guardando un fumetto, dentro di noi tutto fa “clac”, combacia, e scorre perfettamente, pur se si sta guardando qualcosa di assolutamente immobile. Fumetto è quindi illusione di movimento. Anzi, meglio: Fumetto è traduzione del movimento impossibile di corpi a due dimensioni (i fumetti) nello spazio multidimensionale della nostra percezione, tramite un corpo tridimensionale (quello umano). L’annullamento di una distanza. Il viaggio multidimensionale.
Nelle pagine di BACGLSP – Basta A Ciascun Giorno La Sua Pena, il fumetto che Paolo Bacilieri ha dedicato a Piero Manzoni, la contemporaneità di momenti, la compresenza di istanti congelati e movimento immaginale messa in scena dall’autore, scalza e sovrasta completamente la narrazione.
Quando Thierry Smolderen, nel suo imprescindibile Le origini del fumetto (pubblicato in Italia da NPE), dice che William Hogarth nelle sue serie di incisioni settecentesche (specialmente A Harlot’s Porgress e A Rake’s Progress, entrambe del 1732-1733) ci insegna lo sguardo a zig-zag, ovvero il tipo di sguardo che usiamo sempre per leggere i fumetti, quello che si muove e rimbalza tra i vari elementi della pagina catturandoli e associandoli deliberatamente (in una maniera che non posso che chiamare “logico-istintiva”) sta parlando precisamente (e incidentalmente) anche di queste pagine di Bacilieri.
Per questo, non è necessario conoscere Piero Manzoni, la sua arte e la sua storia, per godere di BACGLSP, ed è vero anche il contrario: BACGLSP non è solo un fumetto da approcciare per sapere qualcosa, o qualcosa in più, su Manzoni. BACGLSP è infatti prima di tutto un fumetto che ti insegna a leggere i fumetti, che ti fa vedere l’invisibile: il movimento nella stasi, la multidimensionalità.
Leggere i fumetti, anzi, guardare i fumetti – perché i fumetti si guardano e non si leggono te lo spiega a fondo Boris, probabilmente anche qui su “Quasi”, anche se non ricordo dove, ma sicuramente nel suo saggio E chiamale, se vuoi, graphic novel, edito da ComicOut nel 2018 (en passant, testo bellissimo e importante che meriterebbe una nuova edizione) – guardare i fumetti, dicevamo, è una cosa decisamente complessa. È un lavoro da cartografi, da decrittatori di codici. Bene, più lo guardo e più mi sembra che BACGLSP, prima che una storia a proposito di Manzoni, sia uno straordinario testo teorico sui fumetti.

2.

Lo so, qualcuno dice che i fumettisti sono tali solo quando sono autori unici, che lo sceneggiatore è un mestiere nato da esigenze di mercato e che “gli sceneggiatori non sono gente”. Personalmente, non posso che essere lontanissimo da queste considerazioni, però è innegabile che quando un fumetto viene da un autore unico ci sono statisticamente più possibilità che quello dica qualcosa di fondamentale sul fumetto, che possa lasciare increduli e innamorati insomma, ben al di là della storia narrata. 
Gli esempi si sprecano, a partire da Winsor McCay e pescando poi a caso tra Will Eisner, Hergé, Frank Miller, Art Spiegelman, Chris Ware, Chester Brown, Seth e, venendo in Italia, Jacovitti, Hugo Pratt, Magnus, Bonvi, Andrea Pazienza, Gipi e anche, appunto, Paolo Bacilieri. Sul versante opposto invece, quello dei team creativi, la cosa si fa decisamente più rara: così su due piedi mi vengono in mente Asterix di René Goscinny e Albert Uderzo, Alack Sinner di José Muñoz e Carlos Sampayo, Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons e quasi nient’altro (N.B.: non ho citato autori giapponesi perché da quelle parti la questione è molto diversa e ben più complessa, non essendoci quasi mai autori unici, ma sempre mangaka che lavorano coadiuvati da assistenti). Ma nel caso delle collaborazioni fra due (e più autori), il Fumetto fatica a uscire proprio per via di quello spazio “vuoto” di cui si parlava all’inizio.
L’autore unico è un ecosistema autonomo e lo spazio vuoto è solo tra lui e la pagina, mentre i team creativi sono due o più organismi chiusi che devono prima riuscire a riempire quello spazio tra loro e successivamente anche quello tra loro e la pagina. Lavoro doppio, quindi. E devono farlo in maniera talmente efficace da fare di due cose una sola. Anzi, di due cose, tre. Devono, insomma, realizzare qualcosa che assomiglia più a una magia o a un’operazione alchemica che a un manufatto umano: un’opera che sia più della somma delle parti che la compongono.
In Paolo Bacilieri, è talmente potente la sua presenza sulla tavola, talmente fluido e osmotico è lo spazio tra lui e l’opera, sia come autore unico che come parte di un team creativo, che è davvero difficile non trovare Fumetto tra i molti fumetti che fa. Che sia un episodio di “Napoleone” scritto da Carlo Ambrosini, un episodio di “Dylan Dog” scritto da Ratigher e disegnato con Montanari e Grassani, le più estreme e underground produzioni autoriali (Palla, Zeno Porno), le più “canoniche” e mainstream (Sweet Salgari, Ettore e Fernanda), o un Bob 84 che rispolvera i tascabili noir all’italiana in coppia con Vincenzo Filosa, Bacilieri possiede in sé il Fumetto e sa portarlo fuori, azzerare le distanze e vivificare lo spazio inerte.
In BACGLSP però, così come nell’immediatamente precedente Venere Privata (traduzione a fumetti dal romanzo omonimo di Giorgio Scerbanenco, uscita per Oblomov nel 2022), la precisione e l’efficacia del suo Fumetto sembrano essersi potenziati ancor di più. Mi pare quasi ci sia un abisso fra queste due opere e le precedenti. Forse un pensiero più cristallino impresso sulla pagina, forse un’idea che si concretizza più pienamente, non so dire (la mia, lo ripeto, è una suggestione non razionale, anzi, a-razionale, istintiva, precisamente la stessa che ci fa trovare il Fumetto nei fumetti).
Lo Scerbanenco e il Manzoni di Bacilieri esplodono fra le mani di chi guarda, rimbalzano negli occhi e attraversano le dimensioni, lasciando alla fine trasformati, quantomeno nello sguardo, e in contatto con zone inesplorate di noi stessi, le dimensioni ulteriori all’unica che crediamo di conoscere.
Non ho dubbi, ciò che sovrasta tutto in BACGLSP è il Fumetto. Poi c’è Bacilieri, il tramite (che, non a caso, ha nascosto la sua firma nel titolo), e infine Piero Manzoni e le sue opere e vita, il pretesto (e con ciò non voglio dire che questo libro non sia una bellissima storia su Manzoni e un atto d’amore nei confronti suoi e di Milano, perché è certamente anche questo). 

3.

Il fumetto non è solo arte sequenziale, ma arte ricorsiva, in certo senso palindroma, poiché ogni vignetta determina ed è determinata sia dalla vignetta seguente che da quella precedente. Nel fumetto non c’è un ordine di lettura stabilito, ma solo suggerito. Non è insomma come in un film, dove si è costretti a guardare dall’inizio alla fine e nemmeno come in un libro che obbliga, per essere decifrato, a una lettura lineare. Nel fumetto puoi andare avanti e indietro, fermarti quanto e come vuoi, guardare solo l’insieme della pagina, concentrarti sui particolari. Il fumetto è insomma, come si diceva all’inizio, arte mimetica, caotica e complessa. Probabilmente, la più complessa.
In questo, BACGLSP centra perfettamente il segno, nel suo somigliare a un freestyle jazzistico riassemblato in studio, come il Bitches Brew di Miles Davis.
Non so come Bacilieri organizzi il suo lavoro, se scriva una sceneggiatura, se faccia solo un soggetto di massima su cui poi agire, se abbia tutto in testa, o se avanzi tavola dopo tavola per assonanze e suggestioni sulle quali comporre la storia (diciamo che un indizio in questo senso lo danno, forse, le numerose firme con data che l’autore lascia qua e là nelle pagine, spesso realizzate in anni diversi e in sequenza diversa da come poi appaiono nei libri), ma la sensazione è proprio quella di trovarsi di fronte non a un’organizzazione casuale, ma a un caos organizzatissimo. Ed è lì che si evidenzia il Fumetto nel fumetto.
E se il fumetto è cosa caotica, fatta di tanto che dev’essere poco, di mille che sono una, descritta in mille modi diversi che non mettono d’accordo nessuno, e che ha tanti nomi quanti sono i paesi che la fanno e le lingue che la guardano, il fumettista deve essere allora un domatore di pipistrelli e farfalle, convinti di poter svolazzare liberamente sulla pagina, ma in realtà immobili nella loro inafferrabilità.
Le pagine di BACGLSP in cui Bacilieri racconta il bar Jamaica che negli anni Cinquanta e Sessanta accoglieva la Milano intellettuale, mischiata  a quella popolare, sono una metafora chiarissima di questo non comprendersi reciproco del fumetto verso sé stesso. È un’accozzaglia di volti, nomi, stralci di libri e canzoni, che ha la precisione rabdomantica dei cut-up di William Burroughs e Brion Gysin. La sequenza si apre con una doppia splash page in pieno stile hogartiano e poi prosegue, vignetta dopo vignetta, con incedere marziale (nella forma) e dionisiaco (nello spirito), fino all’inevitabile conclusione: il bar chiude, tutti a casa. Nel mezzo sta la baraonda di suoni e movimenti impossibili orchestrata da Bacilieri che esplode nella mente, dal Largo iniziale, al climax che presagisce il silenzio, alla lunga e struggente quiete del finale. Queste pagine riflettono perfettamente tutto il resto del libro, sono il metro della confusione che l’autore ha impresso alla sua opera, la bolgia auto-organizzata, il segno dei tempi.
In ultimo, anche se fin qui non si è detto, BACGLSP è un’opera che spezza il cuore, che commuove, appunto, che porta fuori qualcosa. Che manifesta il Fumetto.
Per tutte queste ragioni, quindi, a questo libro bellissimo andrebbe il mio effimero e assolutamente disutile (Quasi) premio.

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(Quasi)